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Camera e Senato, i doppi incarichici costano un milione al giorno

Sono una cinquantina i parlamentari con il doppio incarico che prendono due stipendi. Per dimettersi, come ha fatto il leghista Salvini, la giunta per le incompatibilità non serve
di Matteo Legnani domenica 7 aprile 2013

2' di lettura

  Il caso più noto è quello di Nichi Vendola. Perchè il governatore della Puglia, prima del 25 febbraio, disse che una volta eletto in Parlamento, avrebbe mollato la guida della regione. Allora, Nichi vedeva nel suo futuro un incarico alla guida di una delle due Camere, o un posto da ministro a Palazzo Chigi. Poi, Sel ha preso una bastonata e Bersani è affondato nelle sabbie molli della governabilità. Il buon Nichi, per questo, ha deciso di tenere i piedi in due staffe (o le chiappe in due poltrone), aspettando di vedere cosa succede a Roma prima di mollare incarico e stipendio in Puglia. Come lui, con due o più incarichi, a Camera e Senato sono una cinquantina i politici col doppio (o triplo) incarico. C'è un altro governatore, quello leghista del Piemonte Roberto Cota. Poi ci sono, sempre nella Puglia di Vendola, dieci consiglieri regionali (due pure assessori) eletti anche a Roma, mentre il Lombardia giganteggia Mario Mantovani, che di cariche ne assomma addirittura cinque: vicepresidente regionale, assessore alla Sanità, consigliere regionale, sindaco di Arconate, senatore. Come faccia a districarsi lo sa solo lui. Ma il discorso è un altro, e riguarda (manco a dirlo) i soldi. Perchè questi signori pluri-incaricati ci costano ogni mese, come scrive dagospia.com, un milione di euro in più di stipendi. Oggi, il Fatto quotidiano attribuisce la situazione al parlamento bloccato e alla mancanza della giunta per le elezioni, organo deputato a dirimere le questioni di incompatibilità tra le cariche dei parlamentari. Ma c'è chi al doppio incarico ha in realtà già rinunciato, a testimonianza del fatto che l'assenza della giunta non è di per se un ostacolo. Matteo Salvini, leghista, già il 15 marzo scorso ha comunicato la propria incompatibilità di deputato, optando per il Parlamento europeo e gli uffici della Camera ne hanno preso atto. Si tratta dunque di una mera manifestazione unilaterale di volontà da parte degli incompatibili, e dunque un problema di etica. Altra cosa e' se si avvia un processo di contestazione da parte delle Giunte per le elezioni in mancanza proprio delle dimissioni, cosa questa che segue tutto un altro percorso, che si sa quando comincia ma non si sa quando finisce mentre i doppi stipendi corrono.  

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