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Berlusconi, incandidabilità e decadenza "non sono automatiche". Lo dice la legge Severino

Il documento approvato in Cdm lo scorso dicembre al comma 3 contiene una postilla: incandidabilità e decadenza non sono "di diritto". Le camere devono votarle con atto politico. Pd, basta ipocrisie
di Giulio Bucchi domenica 25 agosto 2013

2' di lettura

Chissà cosa diranno Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Marco Travaglio e manettari vari. Tutti convinti che l'incandidabilità e la decadenza di Silvio Berlusconi, condannato a 4 anni per frode fiscale al processo Mediaset, sia fatto "tecnico", stabilito dalla legge Severino e come tale solo da "ratificare" dal Senato. Se solo avessero letto con più attenzione la versione definitiva della stessa legge Severino, infatti, si sarebbero accorti di un fatto: l'incandidabilità e la decadenza dalla carica (nel caso di Berlusconi, da senatore) non sono "automatiche" con la sentenza di condanna definitiva. In altre parole, il parlamento dovrà votare con atto "politico", con tutte le conseguenze che questo comporta. Leggi il testo della legge Severino Il documento di Monti e Severino - Huffingtonpost.it ha pubblicato lo "Schema di decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni in materia di candidabilità" (la legge Severino) a firma del Dipartimento per gli affari giuridici di Palazzo Chigi e datato 5 dicembre. La sua versione iniziale era decisamente tranchant: "Qualora una causa di incandidabilità [...] sopravvenga nel corso del mandato elettivo, essa comporta la decadenza di diritto dalla carica, che viene dichiarata dalla Camera di appartenenza" (articolo 3, comma primo). La Camera e il Senato "dichiarano" la decadenza avvenuta "di diritto", ne prendono cioè semplicemente atto. Una norma che, però, porrebbe il Parlamento sotto lo schiaffo della magistratura nel caso di onorevoli ancora in carica.    La postilla che inchioda il Pd - Anche per questo, e su pressione pare del Pdl, quel passaggio è stato successivamente "addolcito" e il comma 3 modificato una volta uscito dal Consiglio dei ministri. La "postilla" cancella l'espressione "di diritto" facendo riferimento all'articolo 66 della Costituzione ("Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità"). Dunque "le sentenze definitive di condanna [...] sono immediatamente comunicate [...] alla Camera di appartenenza ai fini della relativa deliberazione". Le Camere dunque "deliberano", con atto politico. Chi, soprattutto nel Pd, ipocritamente si nasconde dietro "l'atto tecnico" e la "presa d'atto" di una condanna che escluderebbe Berlusconi dalla politica italiana, oggi si ritroverà spalle al muro, messo di fronte alle proprie responsabilità 

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