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"Severino" non retroattivaEcco il disegno di legge Pdche salva Berlusconi

La proposta è stata presentata all'aula l'8 luglio scorso, per impedire che la legge sulla decadenza dei condannati limiti la volontà popolare. Indovinate chi c'è tra i firmatari...
di Matteo Legnani domenica 25 agosto 2013

3' di lettura

C'e' un disegno di legge a firma di senatori del Partito democratico che esclude la retroattivita' della legge Severino. A renderlo noto e'  Francesco Paolo Sisto, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. "Nel disegno di legge 665 del 17 maggio 2013, annunciato nell'Aula del Senato l'8 luglio scorso, si legge che se si ammettesse il principio della retroattivita' della incandidabilita' 'si riconoscerebbe sostanzialmente la possibilita' che una legge, mutando i requisiti, possa rendere incompatibili o ineleggibili, in corso di mandato, anche i membri del Parlamento. Il che e' come dire che una legge sopravvenuta potrebbe cancellare, o comunque limitare la volonta' popolare'", ha dichiarato il deputato del Pdl. "Secondo questo principio, quindi, Berlusconi non puo' essere dichiarato incandidabile ne' decaduto" prosegue Sisto. Non bastasse, si scopre che tra i firmatari della legge c'è nientemeno che la senatrice Isabella De Monte, segretaria della Giunta per le elezioni, e il senatore Giorgio Pagliari, ordinario di diritto amministrativo e pure lui componente della stessa Giunta per le Elezioni, oltre ai senatori Pignedoli, Fornaro e Friavezzo. Dimenticavo: tutti del Partito Democratico. Secondo Sisto, "il sipario si chiude: chi fino a ora nel Pd ha sostenuto l'applicabilita' a Berlusconi della norma Severino-Monti sapeva di dire il falso. Avranno il coraggio segretario e componente Pd della giunta per le elezioni, pur di fare fuori Berlusconi, di votare contro il loro pensiero, cosi' autorevolmente da loro stessi espresso? E avra' ancora la disinvoltura il Pd di non applicare la legge secondo i principi affermati dai suoi piu' autorevoli esponenti in Giunta?". La replica - A stretto giro è arrivata la replica dei due promotori del disegno di legge: "La dichiarazione del presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, l`onorevole Sisto, sul nostro ddl del maggio scorso è del tutto strumentale e priva di fondamento in quanto riguarda atti amministrativi che non hanno nulla a che vedere con sentenze penali passate in giudicato - scrivono Pagliari e la De Monte. Il ddl riguarda semplicemente l'introduzione per amministratori locali già eletti di una causa di incompatibilità tra una funzione pubblica e una funzione privata. Tutto qui". Ma la relazione introduttiva... - Ciò che tuttavia ha destato l'attenzione di Sisto, è quello che Pagliari e gli altri autori del disegno di legge scrivono nella relazione introduttiva: "Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, manca di una norma transitoria -affermano- che escluda, come sarebbe secondo diritto e secondo logica, l'applicazione del suo capo VI ai titolari di funzioni pubbliche elettive attualmente in carica, con la conseguenza che Giunte e Consigli regionali, provinciali e comunali sono oggettivamente in una condizione di incertezza giuridica ed operativa". "L'applicazione del citato capo VI ai componenti di organo di indirizzo attualmente in carica, oltre a non essere prevista dall'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190, si traduce in una sostanziale applicazione retroattiva delle disposizioni in oggetto, che appare costituzionalmente illegittima sia perche' incide sulla condizione di status, gia' acquisita, sia perche' si risolve in un mutamento 'in corso di mandato' dei requisiti per l'elezione a cariche pubbliche. L'aberranza di questa situazione e' evidentissima, ma basti, ove occorra, considerare che, se si ammettesse un principio quale quello sancito (consapevolmente o inconsapevolmente poco importa) dal decreto legislativo in oggetto, si riconoscerebbe sostanzialmente la possibilita' che una legge, mutando i requisiti, possa rendere incompatibili o ineleggibili in corso di mandato anche i membri del Parlamento. Il che e' come dire che una legge sopravvenuta potrebbe cancellare o, comunque, limitare la volonta' popolare.

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