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La Santanchè sfida Alfano: "Lasci". Pdl, guerra tra falchi e colombe

L'ala "montiana" del partito presente a Villa Gernetto fredda per l'intervento del Cav. Ma i fedelissimi si spellano le mani a furia di applausi
di Andrea Tempestini domenica 28 ottobre 2012

Santanchè e Alfano

2' di lettura

  di Tommaso Montesano I falchi e i fedelissimi, non a caso presenti con una «delegazione» a Villa Gernetto, a forza di applaudire si spellano le mani. Ma tutti gli altri, in primis l’ala «montiana» del partito che puntava ad un riavvicinamento ai centristi della «Lista per l’Italia», restano freddi. Il Pdl non accoglie come un monolite l’intemerata di Silvio Berlusconi contro governo e toghe.  Anche plasticamente, la divisione è netta. A Villa Gernetto, infatti, oltre agli avvocati ci sono alcuni dirigenti locali, i collaboratori storici e le «pasionarie» Daniela Santanchè e Michela Vittoria Brambilla. È proprio la sfidante di Angelino Alfano alle primarie ad aprire il fuoco tra falchi e colombe. Destinatario, naturalmente, il segretario: «Valuti di dimettersi da segretario del Pdl visto che la sua linea politica è stata sconfessata dal presidente e fondatore del partito». Immediata la replica di Osvaldo Napoli, uno dei vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio: «Chi è la signora Santanchè? Dove e da chi è stata eletta? La signora Santanchè è stata una traditrice della prima ora del Pdl, dove è entrata e uscita come una porta girevole di un albergo». Insomma, conclude, «se queste sono le premesse per le primarie, c’è da temere che il partito vi arrivi ancora in piedi». L’attacco di Berlusconi a Monti allarga il solco tra l’ala del Pdl che guarda a Palazzo Chigi e chi, invece, non ha mai digerito il via libera al governo dei professori. «Presidente», si chiede su Twitter Massimo Corsaro, vicecapogruppo vicario alla Camera tra i più ostili all’esecutivo, «quindi si può dire che chi sin qui l’ha consigliata ad appoggiare il governo Monti è meglio che stia fermo un giro?». Escalation che non piace a Isabella Bertolini, altra vicecapogruppo a Montecitorio favorevole, invece, ai tecnici: «La sconfessione del governo Monti rende più complicata la riunificazione dei moderati e mette in discussione la sopravvivenza dell’esecutivo. Non è una cosa positiva per coloro che predicano da tempo una massiccia dose di serietà e realismo all’interno del Pdl». Berlusconi incassa anche le lodi di Paolo Romani, Stefania Prestigiacomo e Anna Maria Bernini. Pure Giorgia Meloni, ex ministro della Gioventù, ribadisce il «pieno appoggio alla richiesta di verità e di reale giustizia» dell’ex premier, ma nella galassia degli An l’imbarazzo è palpabile. Soprattutto in quella parte che da tempo ha scommesso sulle primarie, adesso a rischio depotenziamento dopo il ritorno sulla scena di Berlusconi, per rilanciare il Pdl. Il senatore Andrea Augello, ad esempio, condivide le dichiarazioni del Cav sulla sentenza, ma esprime il suo «dissenso più radicale» su tutto il resto. A partire dall’oscillazione nel giudizio su Monti: «Incomprensibile come si possa presentarlo una settimana come potenziale leader dei moderati e la settimana successiva come maggiordomo della Merkel. Così gli elettori non capiscono più nulla».  

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