"La raccolta digitale delle firme? Abroghiamola". Il leghista Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali, intervistato dal Corriere della Sera lancia l'allarme sui referendum a una settimana dal verdetto sui 5 questi dell'8 e 9 giugno. Niente quorum, ancora una volta: un verdetto che ha fatto riflettere molti sulla modalità di utilizzo di questo strumento elettorale.
"Ne va della democrazia", spiega il ministro, senza mezzi termini. Per Calderoli "la scarsa affluenza per gli ultimi referendum non è la malattia, ma un sintomo. Nella piattaforma digitale vedo dei rischi ben maggiori". Sulla raccolta avverte: "Forse qualcuno si è dimenticato che per proporre una legge di iniziativa popolare, devi raccogliere 50mila firme in 6 mesi. Con la raccolta digitale, significa che puoi farlo in pochi giorni. Annoto a margine che nessuna legge di iniziativa popolare, che io sappia, è mai diventata legge dello Stato".
"La previsione delle 500mila firme - dice Calderoli - era fatta con quel criterio, la presenza fisica dell'interessato. Oggi, attraverso gli strumenti digitali puoi chiedere qualunque milione di firme, ma non sarà sufficiente. Io, da medico chirurgo, mi ero inventato l'algoritmo per fare milioni di emendamenti ai Pdl. Così il Senato non sarebbe stato in grado di affrontarli. Per questa strada, anche con l'ausilio dell'Intelligenza artificiale, posso provare a portare 10 milioni di firme".
Dunque, conclude, "finché non si riuscirà ad arrivare al voto digitale, con la certezza che tutti i requisiti costituzionali siano rispettati, per me non si possono raccogliere le firme in questo modo. Se devi presentarti per votare, allora devi presentarti anche per le firme. Io sarei per sospendere questa raccolta delle firme attraverso la piattaforma digitale".