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Silvio Berlusconi al Quirinale, ecco a chi conviene: perché anche M5s e Pd ci stanno pensando

Elisa Calessi

Nel gran gioco, per ora clandestino, del Quirinale, la pedina Draghi ha cominciato a indietreggiare. Paradosso dell'autorevolezza che l'ex presidente della Bce si è guadagnato. In tanti, infatti, cominciano a riflettere sul fatto che del premier c'è bisogno lì dove sta, a Palazzo Chigi. Da dove, cioè, può vigilare sull'attuazione del Pnrr, la grande sfida del Paese. Meglio allora che rimanga al suo posto fino al 2023. Spedirlo al Quirinale, significherebbe toglierlo dalla plancia di comando nel momento in cui la navigazione si fa più difficile. Non solo. L'elezione del premier a presidente della Repubblica potrebbe far scivolare il Paese a elezioni anticipate. Ipotesi che nessun partito, fatta accezione per Fratelli d'Italia, vuole. Non solo per i sondaggi, ma per il taglio dei parlamentari che tutti subiranno.

 

 

 

A dirlo chiaro e tondo, l'altra sera, è stato Matteo Renzi, ospite di In Onda: è vero, gli hanno chiesto, che se Draghi va a fare il presidente della Repubblica, si va a votare? «Ha una sua logica, il ragionamento non fa una piega. Se Draghi va al Quirinale hai per sette anni un signor presidente della Repubblica, se Draghi fa il premier abbiamo un presidente del Consiglio molto autorevole in Europanel 2022, che è un anno decisivo». Escluso Draghi, gli schemi possibili sono due. Il primo è un bis di Sergio Mattarella. Ma l'interessato più volte ha escluso questa ipotesi. Per l'età. Ma anche per il rispetto assoluto nei confronti della Costituzione. Non vuole in alcun modo, Mattarella, forzare le regole, creando un secondo precedente, dopo quello di Giorgio Napolitano. Tale è la convinzione che, per ora, non sono bastati a smuoverlo nemmeno i tanti che hanno provato a convincerlo (ieri da Venezia un appello è arrivato anche da Roberto Benigni: «Presidente, resti ancora qualche anno, lei porta fortuna»). L'altro schema è un politico. Ma chi? Sulla carta, decisivo, stavolta, è il centrodestra.

E per Lega, FdI e Fi il candidato è Silvio Berlusconi. Matteo Salvini e Giorgia Meloni lo hanno detto apertamente. Il Pd, è vero, potrebbe tentare una sua carta. Ma dovrebbe stringere un accordo con il M5S. E pare difficice' le. In ogni caso non basterebbe. Serve un pezzo di centrodestra, tenuto anche conto del peso che avranno i delegati regionali, in gran parte di centrodestra. C'è, poi, l'ipotesi Casini, sponsorizzata da Renzi. Ma, paradossalmente, proprio la sua trasversalità (uomo di centrodestra, ora eletto nelle liste del Pd) rischia di creargli problemi, finendo per farlo apparire come figlio di nessuno. A bocce ferme, dunque, il Cavaliere è il candidato che può vantare più voti. Ha bisogno solo di una trentina di voti. Un soffio. Ma non è solo un fatto numerico a farlo avanzare. L'elezione di Berlusconi avrebbe il valore storico di ompere quello che, finora, è stato un tabù: mai un esponente di centrodestra sul Colle. I tempi sono cambiati.

Negli ultimi anni tanti ex "nemici" del Cav lo hanno rivalutato, dando vita a una sorta di revisionismo politico-storico. Da Carlo De Benedetti a Romano Prodi, per non dire dei tanti big del Pd, che, salito agli onori Matteo Salvini, rimpiangono l'uomo che per venti anni hanno osteggiato. Del resto lo stesso Berlusconi si è ritagliato un profilo alto, lontano dalla polemica quotidiana, più attento ai destini generali che agli interessi di parte. Il sostegno convinto al governo Draghi, l'impegno a federare il centrodestra, sono elementi di uno stesso disegno. Berlusconi gode, poi, di importanti sostegni internazionali. La fedeltà di ferro all'alleanza atlantica, la grande vicinanza a Israele, i buoni rapporti con il Vaticano lo rendono, nelle cancellerie internazionali, il candidato più affidabile tra gli affidabili. Se poi si guarda al recinto europeo, è l'unico leader del Ppe presente in Italia.

 

 

 

Resta il dilemma: chi lo voterebbe, al di fuori del centrodestra? Ma un po' di risposte si affacciano. Renzi, ad esempio. Il Cavaliere al Quirinale lascerebbe vacante la guida di Fi. E chi, più di Renzi, ambisce a prenderne il timone? Persino nel Pd e nel M5S potrebbero spuntare voti a suo favore. In fondo, Berlusconi al Quirinale, si dice tra i dem, è una garanzia sotto due punti di vista: non si vota prima del 2023 e garantisce a Draghi di continuare il suo lavoro. Si aggiunge un ultimo elemento: la vicenda Palamara, le polemiche che hanno travolto la magistratura italiana hanno dato ragione, per molti versi, a Berlusconi. Una sua elezione sarebbe un risarcimento, una pacificazione a posteriori. Le carte si cominciano a distribuire. Il gioco comincerà in gennaio. 

 

 

 

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