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Enrico Letta "poteva restare a Parigi": retroscena, il Pd isola il segretario collezionista di flop

di Alessandro Giuli lunedì 6 dicembre 2021

3' di lettura

È tipico di Enrico Letta sbagliare per eccesso d'intelligenza o presunzione d'astuzia. Stavolta, però, i pasticci combinati dal suo Pd sulla partita per il Quirinale e la sonora bocciatura della patrimoniale travestita da contributo di solidarietà stanno certificando la conclamata inclinazione autodistruttiva del segretario dem. In poche ore, Letta jr ha mandato allo sbaraglio il Pd depositando una proposta di legge costituzionale che - con l'obiettivo di convincerlo alla rielezione sul Colle e sbarrare il passo a Mario Draghi - di fatto avrebbe messo fuorilegge Sergio Mattarella nell'arco di un anno. 

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Risultato: un plateale ceffone giunto dal Capo dello Stato per rimettere in riga i sofisticatissimi cervelli della sinistra e ribadire la propria indisponibilità alla forzatura istituzionale. Non pago, poi, il nipote d'arte si è voluttuosamente tuffato nel pozzo nero della super tassa per calmierare le bollette di fine anno a spese del ceto medio: un'idea non proprio eccelsa - abbozzata dall'entourage del premier e calibrata sulla sterilizzazione delle riduzioni fiscali ai redditi sopra i 75mila euro previste in legge di bilancio - sulla quale il Partito democratico ha scavalcato perfino il fronte goscista dei pentastellati per celebrare le magnifiche sorti e regressive di una patente ingiustizia sociale. Risultato bis: provvedimento rinfoderato a causa di una rivolta maggioritaria in Consiglio dei ministri (con i renziani e un pezzo di grillini accanto al centrodestra) e l'inevitabile, bruciante sconfitta d'immagine. 

LEADER BASTONATO
Adesso Letta si trova un po' isolato perfino nel suo mondo, costretto com' è a fare i conti con la borghesia italiana inferocita, con un Mattarella rabbuiatissimo e con il rafforzamento delle due candidature quirinalizie che meno gli vanno a genio (Draghi e Berlusconi), mentre i nomi consanguinei di Anna Finocchiaro e Dario Franceschini abbrustoliscono nell'angolo. Insomma un capolavoro d'involontario e serenissimo autolesionismo come esito scontato di due maldestre guerre lampo. Sicché sembrerebbe davvero pensato per il segretario dem, più che per Massimo Cacciari e i suoi amici pandemicamente scorretti, il motto geniale concepito dallo sfortunato Pier Luigi Bersani (un altro che non si è voluto bene e che a Letta vuole bene): «Quando si ha molta intelligenza, non bisogna usarla tutta...». Dopotutto, però, gli infortuni politici dell'ex enfant prodige tornato da Parigi sono perfettamente in linea con la scarsa coerenza esibita dal Pd in questa legislatura. 

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Stiamo parlando di un partito tornato al governo dal 2019, certo, grazie alla spregiudicata segreteria di Nicola Zingaretti; ma è o no lo stesso Pd che nell'estate del Papeete diceva «o voto o morte»? Lo stesso Pd che soltanto un anno dopo, mentre la maggioranza giallorossa scivolava sulla buccia di banana piazzata da Matteo Renzi a Palazzo Chigi, andava gridando «o Conte o morte»? Sì, proprio lui, quel Partito democratico che per lungo tempo ha predicato maluccio e razzolato peggio, e che secondo alcuni suoi dirigenti assaliti dalla sincerità - ma pur sempre ben nascosti dall'anonimato - dovrebbe come minimo farsi un giro di danza all'opposizione per riscoprire il gusto della verità e disintossicarsi dalle rendite del potere privo del consenso.

I SONDAGGI ACCECANO
Obiezione: secondo gli ultimi sondaggi il Pd è tornato in testa alla classifica. Può darsi, ma che cosa può farsene Letta dei suoi pochi decimali di vantaggio di fronte al blocco di centrodestra che per la prima volta è in grado di dare le carte al tavolo della successione quirinalizia e, come dimostrano le ferite più fresche della sinistra, sta raggrumando la base parlamentare per tirare la volata al Cavaliere? Fermo restando che un domani, dovesse andare male la corsa del neo-Caimano, l'operazione in corso potrebbe comunque rivelarsi la chiave per costituire la maggioranza necessaria a spostare gli equilibri dell'ultimo anno di legislatura o addirittura imboccare la strada delle elezioni anticipate. Se poi Letta continua a metterci del suo, le prossime rilevazioni demoscopiche saranno certamente da applausi a scena aperta. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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