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Alexei Paramonov, il console russo che minaccia l'Italia premiato due volte da Giuseppe Conte: cosa c'è dietro a questa foto?

di Fausto Carioti lunedì 21 marzo 2022

3' di lettura

Dagli archivi del Quirinale emergono cose interessanti su Alexei Vladimirovich Paramonov, il rappresentante del governo di Mosca che ha minacciato «conseguenze irreversibili» se l'Italia metterà sanzioni alla Russia e accusato Lorenzo Guerini di essere «uno dei principali "falchi" e ispiratori della campagna antirussa» (la colpa del ministro, agli occhi di Vladimir Putin, è voler aumentare la spesa militare). Si è scoperto infatti che Paramonov è uno dei pochissimi cittadini stranieri ad aver ricevuto non una, ma ben due delle massime onorificenze italiane. Ambedue, peraltro, su proposta dei vertici dei Cinque Stelle: Giuseppe Conte nel primo caso, Luigi Di Maio nel secondo. Paramonov, moscovita, è stato per cinque anni console generale a Milano. Terminato il mandato è tornato in patria, per diventare capo del Dipartimento Europa del ministero degli Esteri, ed è durante lo svolgimento di questo incarico che è stato insignito delle onorificenze: ambedue conferite formalmente dal presidente della repubblica, ma su proposta di altre cariche, come previsto dalla legge. La prima gli è stata concessa il 27 dicembre del 2018. Si tratta dell'insegna di Cavaliere dell'Ordine al Merito della repubblica italiana, che ebbe su proposta del presidente del consiglio dei ministri. Ha lo scopo, da regolamento, di «ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari». Era l'epoca del governo gialloverde e a palazzo Chigi c'era Conte. La cerimonia di consegna avvenne a Mosca, nella sede dell'ambasciata italiana, a Villa Berg. Era il 20 giugno del 2019 e l'ambasciatore Pasquale Terracciano lo elogiò come «un punto di riferimento autorevole con il quale affrontare qualsiasi problematica, anche la più spinosa, sempre con spirito costruttivo e nell'ottica del costante approfondimento dei rapporti italo-russi».

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GLI "AIUTI" PER IL COVID - Il 9 dicembre del 2020 a Paramonov fu assegnata la seconda onorificenza, più importante: quella di Commendatore dell'Ordine della Stella d'Italia, che secondo la legge è un «attestato in favore di tutti coloro che, italiani o stranieri, hanno acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi». Altra cerimonia a Villa Berg, il 15 settembre del 2021, e stavolta Terracciano sottolineò l'impegno del diplomatico russo «per lo straordinario e determinante contributo di ascolto e di collaborazione con l'Italia nella gestione della crisi pandemica». Quella (presunta) «assistenza significativa» prestata dalla Russia durante la pandemia, dunque, che Paramonov ha rinfacciato all'Italia l'altro giorno. L'onorificenza, in questo caso, è concessa su proposta del ministro degli Esteri: Di Maio, appunto. Secondo il sottosegretario Benedetto Della Vedova, il pd Andrea Marcucci e i pochi altri che sono intervenuti, l'onorificenza a Paramonov (che in realtà sono due, come visto), andrebbe ritirata. Richiesta che va girata a Mario Draghi e a Di Maio: spetta al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri, infatti, avviare il procedimento di revoca dei due titoli «per indegnità».

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LE SPESE MILITARI - La passione dei Cinque Stelle per Putin e i suoi uomini non è una sorpresa. Proprio dalle loro file, oltre che dalla sinistra del Pd, sta venendo l'opposizione più forte all'aumento delle spese militari. La questione sembrava chiusa nei giorni scorsi: un ordine del giorno firmato dalla Lega, che impegna il governo «ad avviare l'incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil», è stato approvato alla Camera con 391 voti favorevoli, inclusi quelli di Fdi, e appena 19 contrari. Ma l'attacco di Paramonov, anziché compattare la maggioranza, sembra avere allargato le divisioni. Dopo Conte, che ha definito l'aumento delle spese militari «un messaggio sbagliato», la pentastellata Alessandra Todde, viceministro dello Sviluppo, ha detto che le priorità sono altre. Allo stesso modo la pensano tanti del M5S, esponenti del Pd come Alessandro Majorino e il segretario di Rifondazione comunista, Maurizio Acerbo, che ieri è stato chiarissimo: «Il ministro Guerini non mi rappresenta». 

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