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Elezioni, i partiti scordano Ucraina e Covid: ecco perché nessuno ne parla più

di Pietro Senaldi mercoledì 10 agosto 2022

2' di lettura

Ci voleva il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Parolin, per ricordare agli italiani che a due ore di volo dalle nostre vacanze, in Europa, c'è una guerra fratricida. «Non si può chiedere agli ucraini di rinunciare a difendersi»: con queste parole il porporato ha squarciato il silenzio calato in Italia sul conflitto innescato da Putin esattamente da quando si è capito che stavamo andando verso le elezioni.

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Gia, l'Ucraina, con il Covid, è il grande assente dal dibattito pubblico, due temi spariti d'incanto, come fossero problemi superati, mentre invece la situazione a Kiev precipita di giorno in giorno e il virus continua a infettare indisturbato, ancorché con una letalità sotto controllo, se così si può dire, visto che fino a ieri il leit motiv era invece "rinchiudiamone centomila per salvarne uno". La ragione di questa censura di fatto è presto detta: sul sostegno al conflitto a qualsiasi costo - di bolletta, inflazione e carenza di materie prime e sulla lotta al virus al prezzo di divieti e rinunce che non hanno avuto eguali nel mondo occidentale - pur portando a un maggior numero di decessi da noi piuttosto che altrove - la sinistra ha incentrato la propria narrativa, degli ultimi mesi e anni. Solo che, finché non si votava, gli allarmi bellico e sanitario andavano benissimo, erano funzionali a distrarre l'opinione pubblica per farsi i fatti propri al governo e non dover rispondere degli insuccessi economici, riformatori e organizzativi, che anzi nell'emergenza trovavano giustificazione.
 

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LA SAPONETTA Ora che le urne potrebbero dare il responso dei cittadini sul bellicismo esasperato di Letta e sulla gestione del virus, fobica e terroristica, di Speranza, meglio parlare d'altro. Né i gialli né i rossi ci tengono ad attaccarsi al petto le medaglie della lotta al Covid o dei nostri supposti successi in politica estera. Meglio puntare sull'antifascismo o appuntarsi l'eredità di Draghi, che pure ritirandosi non ha designato nessuno e difficilmente si farebbe reincarnare da Renzi e Calenda, che lo agitano come una bandiera, poiché il banchiere è sufficientemente smaliziato per intuire che mettersi nelle mani di questo inaffidabile duo equivarrebbe a prenotarsi una saponetta sotto il piede. Ucraina e Covid possono attendere. Portano male, direbbe Letta, parafrasando la sua ultima infelice uscita con la quale, per raccattare qualche voto in più a sinistra, è arrivato a rinnegare perfino l'osannato ex premier. Ma statene certi, virus e Zelenski ritorneranno utili dopo il 25 settembre, per lanciarli contro il centrodestra, se avrà vinto. Quanto a Draghi, tutta la sinistra, grillini inclusi, tornerà da lui in ginocchio, se solo si aprirà uno spiraglio, arruolandolo, per precludere la stanza dei bottoni a Meloni, Salvini e Berlusconi.

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