Dritto verso il fallimento

Enrico Letta? Come prova a comprarsi i voti dei 18enni

Fausto Carioti

Anche nell'Italia del grande invecchiamento demografico, nessun partito può permettersi di snobbare la caccia al "voto giovane". Gli italiani under 25 sono 3,7 milioni e il 34-38% di loro, ossia circa 1,3 milioni, secondo l'istituto Swg (ma anche gli altri dicono cose simili) oggi non ha intenzione di votare. Ci sarebbe un bel tesoretto elettorale su cui mettere le mani, insomma. Ed Enrico Letta ha tre motivi in più degli altri per provarci. Primo: nei sondaggi, lui e la sua coalizione sono indietro di una ventina di punti rispetto al centrodestra, e il suo Pd insegue Fratelli d'Italia. Può recuperare solo se convince una grossa fetta di quell'elettorato. Secondo: sempre secondo Swg (che gli dà la versione più ottimista, perché qui le opinioni degli istituti divergono) in quella fascia, tra i 18 e i 24 anni, il Pd è, o meglio sarebbe, il partito più votato. Rappresenta la "prima scelta" per il 19% di quegli elettori. In questo caso Fdi insegue, col 17% di giovani che lo considera l'opzione migliore, tanti quanti ne ha il M5S. Complessivamente, si sente «molto o abbastanza vicino» ai democratici il 41% degli italiani sotto ai 25 anni. Una miniera, a saperla sfruttare. Il terzo motivo è la brutta notizia: dei giovani che non intendono votare, il 24% si colloca nell'area progressista, il 13% al centro e appena l'11% a destra o centrodestra (il resto rifiuta ogni affiliazione). In altre parole, i giovani che pensano di astenersi e pendono a sinistra sono il doppio di quelli del fronte opposto.

MANCANZA DI SINTONIA
È un segno - l'ennesimo - del fallimento della strategia seguita finora dal segretario del Pd. Con una campagna tutta condotta con lo sguardo al passato, a parlare di «rosso e nero» e ritorno del fascismo, non c'è da stupirsi se anche i giovani che si dicono progressisti, ambientalisti ed europeisti, non si sentono in sintonia con lui e preferiscono restare a casa. Così Letta ha deciso di lanciare una nuova propaganda. Che non rimpiazza la retorica novecentesca e le profezie di sventura in caso di vittoria del centrodestra, ma aggiunge un filone dedicato a chi sarà chiamato a votare per la prima volta. Il ragionamento è semplice: se le idee non bastano a convincerlo, proviamo con i soldi. Pubblici, ovviamente: prelevati dalle casse dello Stato o da altri contribuenti. Così, mentre l'altra sera, ospite di Bruno Vespa, Letta diceva «prenderemo voti da chi ancora non ha deciso e io conto molto sui giovani, perché i nostri ragazzi non vogliono vivere in un paese che è simile all'Ungheria di Orban», al Nazareno preparavano un dossier, baldanzosamente chiamato «Call to action» (chiamata all'azione), con indicati i punti del programma sui quali si dovrà insistere nelle prossime settimane, pieno di argomenti molto più concreti del Babau magiaro.

NUOVE IMPOSTE IN ARRIVO
Il piatto forte è «una dotazione di 10.000 euro» da erogare a neodiciottenni sulla base della certificazione Isee familiare. Dovrà servire per coprire le spese relative alla casa, all'istruzione e all'avvio di un'attività lavorativa. L'esborso? Non quantificato. Chi paga? La versione ufficiale è che i costi saranno «prevalentemente coperti dagli introiti aggiuntivi derivanti dalla modifica dell'aliquota dell'imposta sulle successioni e donazioni superiori ai 5 milioni di euro». L'avverbio iniziale sta a indicare che questo prelievo non sarà sufficiente, e lo sanno pure al Nazareno: serviranno altre tasse, o altro debito. Sempre per accalappiare quel "target", la comunicazione piddina insisterà sull'azzeramento dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato dei lavoratori fino a 35 anni e la «eliminazione» delle forme contrattuali «atipiche e precarie»: se presa sul serio, significherebbe ridurre le forme d'impiego ai contratti indeterminati e poco altro, e chissà cosa ne pensano le imprese. Altri soldi saranno promessi per aiutare i ragazzi «a uscire di casa», garantendo anche «un contributo affitti di 2.000 euro per studenti e lavoratori under 35». Per non farsi scippare la battaglia da Beppe Grillo, la campagna giovanilista del Pd prevede anche di battere sul tasto dell'abbassamento dell'età del voto a 16 anni. Non sono temi nuovi: il Pd li ha elaborati da tempo, ma finora Letta e gli altri li hanno usati poco o niente, dedicando tutti i loro sforzi al ritorno delle camicie nere, all'attentato alla Costituzione e alle altre sciagure che si abbatterebbero sull'Italia se a vincere fossero Meloni, Salvini e Berlusconi. E l'unico risultato che hanno ottenuto è stato radicalizzare gli italiani che già erano intenzionati a votare Pd, senza conquistare un voto in più. Ora proveranno a mettere un piatto di soldi davanti ai giovani, sperando di avere maggior fortuna. O la va o la spacca: altro da raschiare, nel barile non c'è.