Più di un indizio

Paolo Mieli si arrende a Giuseppe Conte: Pd, l'unica cosa da fare

La decisione di Enrico Letta di anticipare tutti e indire una bella manifestazione di piazza contro la manovra targata Pd ha preso alla sprovvista il Movimento 5 Stelle, ma paradossalmente secondo Paolo Mieli smaschera lo stato confusionale in cui versa da mesi (forse anni) il Nazareno. Nel suo editoriale sul Corriere della Sera, per certi versi spiazzante, l'ex direttore arriva a una conclusione: i dem devono scegliere da che parte stare, perché da soli andranno in contro a un destino gramo. 

 

 

 

"L'esistenza alla propria sinistra, di un movimento in espansione e corroborato da una quinta colonna interna allo stesso Pd - scrive Mieli -, sta provocando nel maggior partito dell'opposizione una sorta di smarrimento. Smarrimento che rischia di produrre danni d'immagine di cui il gruppo dirigente non sembra rendersi conto". Il disastro alle urne del 25 settembre, paradossalmente, non ha prodotto nessun repulisti, nessuna vera autocritica, nessun passo indietro né tanto meno una svolta. Al contrario, il Pd si è congelato nelle dinamiche di un congresso quasi scontato (vincerà un riformista, Bonaccini, o la sinistra di Elly Schlein) ma "nel frattempo si saranno tenute le elezioni nel Lazio o in Lombardia del cui esito porteranno la responsabilità solo i «territori» che nel loro linguaggio sta per i gruppi dirigenti locali", sottolinea sarcastico Mieli. 

 

 



Ecco perché il Pd "farebbe bene a fare quello che non fa da anni: una scelta. Netta, per una volta". Per esempio, riallacciare i rapporti con i 5 Stelle "e, stipulato con Conte un patto affidabile, avranno - se lo vorranno - il tempo per guardare successivamente al terzo polo. E - anche qui, se lo ritengono utile - contrattare con esso, assieme a Conte beninteso, una seconda, ulteriore, alleanza". Potrebbero fare anche l'inverso, partendo dal Terzo polo, ma Mieli si mostra scettico per "la pregiudiziale antirenziana che nel Pd sembra avere una portata analoga all'idiosincrasia comunista nei confronti di Bettino Craxi".

 

 



"Siamo ben consapevoli - riflette l'editorialista del Corriere della Sera -, nel suggerire questa strategia dei due tempi, che i dirigenti del Pd risponderanno nei modi di sempre: perché mai dovremmo scegliere quando possiamo tenere socchiuse entrambe le porte? La risposta è che stavolta, non avendo in prospettiva lo sbocco di un governo d'emergenza (già ampiamente consumata nel decennio passato), i democratici finirebbero risucchiati nel gorgo di furbizie e tatticismi che regolarmente rischia di inghiottire i partiti di opposizione". Da una parte la demagogia di Conte, dall'altra il Vietnam di Renzi. E il guaio è che Letta con loro deve pure provare ad allearsi.