«Siamo davanti a una nuova e pericolosa alleanza. Due mondi, anarco-insurrezionalismo e mafie, i cui obiettivi e contesti sono apparentemente distinti e distanti, hanno trovato un minimo comun denominatore: l’abolizione del 41-bis». Ecco perché Ranieri Razzante, esperto di criminalità organizzata e direttore del Centro di Ricerca sulla Sicurezza ed il Terrorismo, condivide la linea della fermezza adottata da Palazzo Chigi sul carcere duro e sull’ergastolo ostativo.
Professore, il premier Meloni ha messo in guardia tutti: sotto attacco degli anarco-insurrezionalisti c’è lo Stato.
«Come non essere d’accordo. E rincaro la dose: c’è lo Stato e poi c’è il governo Meloni che perla sua intransigenza forse infastidisce qualcuno. In ogni caso, voglio ricordare che il concetto di “Stato” è talmente ampio e denso di significati, giuridici e politici, oltre che sociologici, da far rabbrividire all’idea che possa essere in pericolo la sua integrità. C’è chi lo pensa astratto ma lo Stato siamo noi».
Catalizzatore di questa recrudescenza è Alfredo Cospito: dal carcere non ha smesso un attimo di ispirare una rete capace di colpire in tutta Europa.
«Cospito è stato qualificato dalla magistratura, insieme al suo movimento, come un terrorista: le sue azioni e i suoi proclami rispondono alle fattispecie penali in questione. La rete, nella sua esistenza, è acclarata e continua a minacciare ovunque in Europa. Sono evidenze investigative e giudiziarie indubitabili, come mi pare riaffermino i provvedimenti del Tribunale di sorveglianza di Roma e la Procura di Torino».
Sulla scia del suo sciopero della fame contro il 41-bis, il livello della tensione è salito: dopo gli atti dimostrativi, i terroristi minacciano Meloni e Crosetto e annunciano un grave attentato a Bologna.
«Le minacce ed i proclami sono diretti sì alle istituzioni ma anche e soprattutto ad un pubblico di potenziali fiancheggiatori».
Ossia?
«Servono a dare all’esterno la rappresentazione di quanto siano “fighi” questi pensatori nemmeno post-moderni, che ci ripropongono modelli antichi e sconfitti di lotta di classe, per intercettare consenso ed emulazione. Basta guardare a quanto accaduto a La Sapienza».
La minaccia anarchica è arrivata pure al festival di Sanremo. L’idea è di provocare il blackout sull’evento più seguito dagli italiani. Non solo ordigni ma anche panico mediatico.
«L’idea di Sanremo, va detto, è geniale nella sua carica criminogena. Visibilità mediatica, 250 agenti a presidio e misure di sicurezza ai massimi livelli.
Ho già avvertito sui rischi anche dal punto di vista della cybersicurezza, che è una nuova forma di terrorismo e di eversione degli ordinamenti democratici. Detto ciò, non accadrà nulla, ma dal punto di vista dell’effetto annuncio il risultato è stato conseguito, pur essendo una vittoria di Pirro...».
Il fatto nuovo di questa vicenda è l’apertura di una sorta di collaborazione esplicita fra mafia e Cospito per l’abolizione del carcere duro.
«Può sembrare una contraddizione: le mafie generalmente si muovono in maniera subliminale anche nella messaggistica dei boss e attraverso i colletti bianchi. La novità è che adesso, come tracciato dagli investigatori, esse stanno trattando con soggetti apparentemente distanti da loro per modalità operative e obiettivi, gli anarchici per l’appunto. Qui la saldatura è il 41 -bis, per una sola ragione: lo Stato, con questo regime carcerario particolare, ha vinto e sta vincendo. E ciò dà fastidio a chi delinque e agli eversori. A modo loro, anarchici e mafiosi sono entrambi soggetti eversivi, che non riconoscono lo Stato di diritto».
Davanti a questo – e sapendo perfettamente che Cospito ha legato la sua battaglia all’abolizione erga omnes del 41-bis – c’è chi chiede la revoca del regime speciale e si oppone pure all’ergastolo ostativo.
«Revocare il 41-bis e l’ergastolo ostativo sarebbe un regalo alle mafie e ai terroristi. Bisogna dirlo con chiarezza: non ammetto, personalmente, prove contrarie. A maggior ragione se guardo da studioso alla storia del contrasto alla criminalità nel nostro Paese. Irresponsabili le opinioni in qualche modo “permissive” da qualunque parte provengano. Ed un’offesa alle vittime di mafia e degli anni di piombo».
In tutto questo il Pd, invece di concentrarsi sui termini della saldatura fra Cospito e i boss, si è scagliato contro chi ha sollevato il caso alla Camera...
«Ha ragione il vostro direttore Alessandro Sallusti quando denuncia il fatto che si stia guardando più al dito che alla luna. Al di là della forma, sollevare problemi di questa caratura è di estrema importanza. Si lavori, ora, uniti, senza giocare con parole e campagne elettorali».