Massimo Giannini
Diamo due notizie. La prima la copiamo di sana pianta dalla Stampa. Accidenti se è grossa. La leggiamo a pagina nove dell’edizione di ieri. Essa riferisce con l’oggettività dei numeri il giudizio degli italiani sul caso politico di questi giorni. C’è chi lo sintetizza chiamandolo “scontro Donzelli-Serracchiani”. Ebbene tra Giovanni Donzelli (FdI) e Debora Serracchiani (Pd) chi dovrebbe dimettersi da deputato secondo il campione scelto con la rinomata imparzialità da Euromedia? Vince, si da per dire, la capogruppo del Pd, che si tira dietro i colleghi di sinistra, protagonisti con lei della nota visita in carcere al terrorista anarchico Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis. La domanda posta agli interpellati è chiara, senza equivoci, ed è la prima rivolta agli anonimi cittadini, suddivisi coscienziosamente per simpatia partitica: «In tutta questa storia, secondo Lei, ad oggi chi dovrebbe dimettersi?».
GIANNINI CIECO - La seconda notizia è questa. Il direttore del quotidiano torinese Massimo Giannini è improvvisamente diventato cieco. Siccome nessuno qui osa discutere la sua professionalità, e gli riconosciamo l’onestà intellettuale, propendiamo a ricondurre l’ottenebramento, si spera momentaneo, al lavoro degli hacker russi che gli devono aver fulminato qualche lampadina domenica. L’attacco dei filibustieri putiniani è stato in questo caso selettivo, colpendo un esponente di punta del conglomerato editoriale degli Agnelli, un tempo con la Fiat così collaborativi con il Cremlino chiunque lo abitasse. Com’è possibile altrimenti spiegare come il piumato capo di selvaggina, infilato nel carniere da Euromedia (Ghisleri), non sia stato prima cucinato e poi servito in tavola come prelibatezza ai lettori? La prima pagina infatti capovolge la frittata, bruciandone l’essenza. Dice il titolo: «Il sondaggio. Ma per gli italiani le frasi di Donzelli sono le più gravi». È questa frase perentoria, con il «ma» avversativo in contrasto con i consensi internazionali crescenti di Giorgia Meloni, a dettare la percezione dominante, a creare l’effetto politico, grazie all’ovvio impatto dell’esposizione delle copertine dei quotidiani in tivù grazie alle rassegne stampa della notte e del mattino. In prima nisba, ma a pagina 9 è pubblicata con pregevole completezza la tavola con i risultati di un’inchiesta commissionata e pagata ad Alessandra Ghisleri supponiamo profumatamente, essendo costei una fuoriclasse del ramo sondaggistico. Cosa non fanno l’ideologia e l’odio politico degli hacker russi...
IL DITO E LA LUNA - Resta da spiegare il perché molti cittadini abbiano individuato come altamente negativo il comportamento di Serracchiani e in generale della sinistra nella vicenda. È stato determinante, più che il dito, la luna: Donzelli infatti ha rivelato in aula il non-detto della visita ispettiva. La delegazione pd, su richiesta di Cospito, ha visitato i capimafia solidali con l’anarchico. Anzi ’Ndrangheta e Camorra hanno concordato la strategia con l’anarchico, e il Pd li ha di fatto fiancheggiati. Inavvedutamente? Un errore in cose tanto gravi è peggio di un crimine. Nel giornalismo questo si chiamerebbe scoop. Del resto non vediamo dove stia il presunto reato. Nel giugno dello scorso anno dai servizi segreti è arrivato al Corriere della Sera il “Bollettino” sui putiniani d’Italia. L’Autorità delegata all’intelligence, Franco Gabrielli, parlò di «manina» all’opera. Il documento era «classificato» dal Dis: pertanto passarlo ai giornali è stato un reato (art. 256 cp). Nessuna autorità giudiziaria però – potenza del draghismo - ha aperto alcun fascicolo, come sarebbe stato doveroso. Donzelli non ha usato invece alcun documento classificato. E allora perché questo doppio standard della sinistra (e della Stampa)?