Ancora non si sa se e quando la mozione di sfiducia a Daniela Santanché sarà discussa. Anzi “le” mozioni, perché ieri il M5S ne ha presentato una anche alla Camera dei deputati. A stabilirlo dovranno essere le capigruppo dei due rami del Parlamento. Quella del Senato è in programma martedì. Lunedì o martedì quella della Camera. La suspance, però, scarseggia. Sia nelle opposizioni, sia nella maggioranza. L’esito, infatti, è scontato. Al Senato, dove la maggioranza ha numeri più ridotti, sulla carta siamo a 114 voti contro (quelli di Fi, FdI, Lega e Noi con l’Italia) e 72 a favore (M5S, Pd, Avs e, forse, ma non è nemmeno certo i tre senatori di Azione).
A Montecitorio non vale nemmeno la pena contare. È il motivo per cui, nel Pd, non si era preso in considerazione di presentare una mozione di sfiducia: si dava per scontato che tutto il centrodestra si sarebbe ricompattato per respingerla. Ragione per cui, per l’eterogenesi dei fini, la maggioranza potrebbe avere interesse a discuterla il prima possibile, per chiudere la faccenda. Al contrario, la mossa del M5S, appoggiata in corsa da Elly Schlein- che ha sconfessato la linea inizialmente tenuta dai suoi - ha aperto una frattura a sinistra, sull’eterna, irrisolta questione del garantismo. Ieri, per il Pd, ha parlato Sandro Ruotolo, componente della segreteria, vicinissimo a Schlein, usando parole del tutto simili a quelle dei 5Stelle. «Delle eventuali responsabilità penali dell’esponente di FdI si occuperà la magistratura. Per noi si deve dimettere senza aspettare la conclusione dell’iter giudiziario. Ecco perché voteremo a favore della mozione di sfiducia presentata dal M5S».