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Massimiliano Romeo: "Odiano Le Pen come Meloni. In Europa vogliamo comandare"

di Pietro Senaldi martedì 11 luglio 2023

5' di lettura

«È chiaro che il clima di conflittualità non aiuta a fare le riforme, che sono indispensabili alla giustizia italiana. Dal governo non c’è alcun intento punitivo. Noi cambiamo la giustizia per il bene dei cittadini, che sono le principali vittime del malfunzionamento del sistema».

La Lega ieri ha emesso una nota nella quale specifica che la riforma della giustizia non è contro qualcuno e non è rinviabile. Significa che il governo andrà avanti malgrado le polemiche?
«Sì, se vogliamo che il Paese si risollevi, tutti devono lavorare nella stessa direzione. L’importante è evitare lo scontro tra i poteri, perché altrimenti si finisce a non fare nulla».

Massimiliano Romeo non è un avvelenatore di pozzi. Tutt’altro, il capogruppo della Lega al Senato invita la maggioranza a «non cadere nel tranello di trasformare la riforma della magistratura in una rissa con i magistrati, altrimenti addio». Dal nostro punto di vista, noi di Libero non possiamo fare a meno di vedere che ci sono segnali sospetti di uno scontro in vista e la storia non ha buoni precedenti. Cambiano gli interpreti ma non lo spartito, però almeno oggi non tiene più la narrazione che per trent’anni ha accompagnato la resistenza della magistratura ai tentativi di riforma da parte del centrodestra. Ai tempi le toghe contrastavano le leggi di Berlusconi sostenendo che fossero ad personam, cucite su di lui come un abito di sartoria.

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Dialogare sulla giustizia con l’opposizione non sarebbe possibile?
«Ma questa opposizione mi pare tutt’altro che dialogante. Su tutto. Su Renzi e Calenda non si può fare affidamento. Per loro parla la storia. Il Pd della Schlein mi pare non si sia mai posto come opposizione costruttiva su nulla, ha fatto della lotta al governo l’unico punto qualificante della propria politica e poi è troppo impegnato a inseguire i Cinquestelle. Quanto ai grillini, il governo li ha bruciati e hanno capito che la loro forza è essere sempre contro e soli. Della sinistra poi mi stupiscono i bastoni che mette sull’autonomia: il presidente del Pd, Bonaccini, l’ha perfino chiesta per la sua Regione...».

Sull’autonomia anche Fdi mette i bastoni sulla strada alla Lega?
«No, c’è un patto di ferro Salvini-Meloni per farla e il ministro Calderoli sta cucendo tutto il centrodestra e sta lavorando per sfatare il pregiudizio che l’autonomia aumenti il divario tra Nord e Sud».

Non è così?
«Questo è quello che sostengono i burocrati che detengono il potere centrale e che per loro natura sono contrari all’autonomia. Ma tutte le Regioni sono garantite dal fatto che non viene tagliato un euro dei trasferimenti e che sono garantiti i lep, i livelli essenziali di prestazioni».

Senatore, l’offensiva giudiziaria può far traballare la maggioranza?
«Solitamente gli attacchi dall’esterno hanno l’effetto opposto: aiutano le forze di governo a compattarsi e a superare le divergenze interne. Soprattutto se gli attacchi sono ideologici ma supportati da poche idee, come quelli degli ultimi giorni».

Eppure un po’ di fibrillazioni nella maggioranza si registrano: cosa può mettervi in difficoltà?

«Dobbiamo stare attenti a non scivolare in qualche situazione di immaturità politica, a non arrotolarci su noi stessi. Facciamo tutti nostro l’esempio di Berlusconi, che ha sempre lavorato per mantenere unito il centrodestra a prescindere dalle divergenze».

Si dice che Fdi tenda ad allargare i gomiti in maggioranza... La Lega ha preso le distanze dalle altre forze della maggioranza sul tema delle alleanze in Europa: ci sta?
«Alle Europee si va con il sistema proporzionale, ovvio che i partiti calcheranno sulle proprie battaglie identitarie ma questo non andrà a pregiudicare la stabilità della maggioranza di governo, che lavora unita anche in una prospettiva europea, per esportare il modello Italia».

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L’alleanza con la Le Pen è una vostra battaglia identitaria?
«L’analisi che la Lega fa della politica della maggioranza Ursula non è dissimile a quella della Meloni e neppure da quella di Forza Italia. La Commissione sta prendendo decisioni che vanno contro gli interessi dei cittadini, con l’effetto di allontanarli dall’istituzione. Noi siamo a favore di un’Europa dei popoli, intesi come persone. Questa Europa che ci ammazza di caro mutui per combattere un’inflazione che non sa fermare, di chi fa il gioco?».

Ma la Le Pen è considerata un’impresentabile...
«E se dovesse vincere in Francia? Cosa facciamo, dopo aver perso l’Inghilterra mettiamo su un governo europeo senza Parigi? La sinistra continentale dipinge il Front National come una forza di estrema destra pericolosa per la democrazia ma a me pare che attualmente il tessuto democratico in Francia lo stia mettendo a rischio un sistema che la Le Pen ha sempre contrastato. Nei suoi anni all’Eliseo, il presidente francese ha badato più che altro agli interessi del proprio Paese, altroché esempio di europeismo. E per di più non ha neppure ottenuto grandi risultati...».

Insomma, all’occorrenza madame Le Pen diventerà digeribile?
«Gli attacchi alla Le Pen mi ricordano molto quelli che venivano fatti a Salvini e alla Meloni. Adesso che si è dimostrato che il centrodestra può andare al governo, Marine fa ancora più paura, perché l’Italia è la prova che se comanda il centrodestra la democrazia non traballa; semplicemente, non comanda più la sinistra. Ed è questo che noi vorremmo ottenere anche in Europa: far fare ai progressisti un giro in panchina».

Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha però sbarrato la strada alla Le Pen e la Meloni non le ha teso la mano...
«Tajani ha fissato la linea di partenza, lui è garante dell’accordo presso il Ppe. La Meloni è concentrata sull’alleanza tra popolari e conservatori. Dopo il voto si guarderanno i numeri e la trattativa arriverà a un secondo livello».

Dicono che la Le Pen sia putinista. Per questo le piace?

«Mi danno del putinista perché auspico il cessate il fuoco. Sono un putinista alla Bergoglio».

La butta molto in alto per cavarsela...

«D’accordo, voliamo bassi: la guerra in Ucraina ha testimoniato l’irrilevanza dell’Europa nel contesto internazionale. Meglio cambiare. Ho sempre detto che è giusto aiutare l’Ucraina a resistere all’invasore, ma non facciamo finta che in realtà anche gli Usa non stiano già pensando a come uscire dal conflitto. Il pensiero dominante non ammette discussioni e chiama putinista, criminalizzandolo, chiunque vi si discosti minimamente».

Chi sono i nemici della pace oggi?

«I pacifisti, perché pensare che con il disarmo si ottenga la fine del conflitto è un’utopia. E poi quelli che vogliono spingere la guerra fino alle sue estreme conseguenze, per mettere definitivamente in ginocchio la Russia, incuranti che la situazione possa sfuggire di mano se si alza la posta e creare un’escalation, atomica o geopolitica». 

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