Domani, con gli scioperi e le manifestazioni programmate nel Mezzogiorno, si chiude finalmente la maratona barricadera con cui Maurizio Landini pensava di mettere a ferro e fuoco il Paese. In realtà, ciò che resta della grande iniziativa di lotta non è la dimostrazione di forza del sindacato rosso (considerata anche la fiacca adesione dei lavoratori), ma i profondi turbamenti del segretario della Cgil, che da un paio di settimane ripete ogni giorno come un disco rotto gli stessi slogan antigovernativi (aumento della precarietà, sanità spolpata, pensioni saccheggiate, italiani allo stremo, tenuta democratica a rischio, Costituzione calpestata, il Paese va a sbattere) tentando di imporre alle opposizioni una leadership politica che per ora solo Giuseppe Conte sembra aver preso un po’ sul serio. Mentre Elly Schlein per ora si limita a sbaciucchiarlo affettuosamente ogni volta che lo incontra in piazza. Nell’attesa che anche gli altri si accorgano delle sue potenzialità per rimettere in piedi una sinistra allo sbando, l’ex capo della Fiom ha deciso di dedicarsi ad affermare la sua egemonia nel mondo sindacale. Scenderà in politica? Macché. «La mia intenzione», ha spiegato, «è quella di rispettare l'impegno che mi sono preso con gli iscritti e i lavoratori della Cgil e i lavoratori in generale. Io voglio riunificare il mondo del lavoro». Non che sia una novità, intendiamoci.
«Questo», ha tuonato ieri a Sky Tg24, « è il momento di fare una legge sulla rappresentanza». A Palazzo Chigi c’erano 9 organizzazioni sindacali, rappresentano chi? Chi misura la rappresentanza? Il governo sceglie quelli con cui discutere». E pensare che solo qualche giorno fa proprio lui aveva tenuto a sottolineare che dalla Cgil «nessuno sentirà mai una parola contro altre organizzazione sindacali. Il nostro obiettivo non è semplicemente l'unità delle sigle, ma l'unità del mondo del lavoro». Landini ovviamente si riferiva alla Cisl e non agli autonomi che, gli piaccia o no, rappresentano anche loro milioni di lavoratori. La realtà è che per lui, alla faccia del rispetto della democrazia e della Costituzione, quelli non sono veri sindacati, ma organizzazioni pirata sostenute dalle imprese per firmare contratti capestro. Non come quelli a 5 euro l’ora che sottoscrive la Cgil. Ed è vivendo in questo mondo parallelo, dove lui è il cavaliere Jedi che combatte contro l’impero, che l’ex segretario della Fiom deve aver maturato la convinzione che la rappresentanza non si misura con le tessere sindacali e neanche con il voto degli elettori, ma solo con le piazze. «Noi non rappresentiamo una minoranza né l'opposizione», ha detto, restando serio, «noi rappresentiamo una maggioranza di questo Paese». E poi c’è chi dice che il premierato è eversivo.