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Pil e lavoro, i dati che smentiscono i gufi. Ma l'Italia paga ancora i disastri grillini

Sandro Iacometti
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Certo, non ci fosse stata la zavorra del Superbonus a far sballare i saldi della finanza pubblica sarebbe stato assai meglio. E di questo prima o poi l’ex premier Giuseppe Conte e il suo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che avevano spacciato la misura come una cuccagna a favore dei cittadini a fronte di un impatto minimo per le casse dello Stato, dovranno assumersi la responsabilità. Nel decreto rilancio del 2020 l’impatto era stimato, fino al 2032, in circa 10 miliardi. Sono già diventati 160.

Ma la raffica di dati snocciolata ieri dall’Istat disegna uno scenario complessivo tutt’altro che plumbeo. Il Pil del 2023, che tutti gli organismi economici e lo stesso governo si erano ormai rassegnati a vedere inchiodato intorno allo 0,7%, ha invece compiuto uno scatto di reni raggiungendo un più che soddisfacente +0,9%. Si tratta di un risultato che si colloca nella parta più alta della forbice delle previsioni e che piazza l’Italia in una posizione di tutto rispetto tra le principali economie europee (comunque al di sopra della media dell’Eurozona).

 

 

La crescita migliore del previsto non è riuscita a contrastare la valanga di uscite per i bonus edilizi, intensificata negli ultimi mesi dello scorso anno dallo stop annunciato alle agevolazioni, che ha trascinato il rapporto deficit/pil fino al 7,2%, meglio dell’8,6% registrato nel 2022 (anche questo dato è stato ricalcolato in peggio dall’Istat per colpa del Superbonus) ma molto più su del 5,3% stimato dal governo. Ed è proprio questo il dato che ha fatto sbottare il ministro dell’Economia. "L'emorragia dell'irresponsabile stagione del Superbonus ha avuto un effetto pesante sul 2023, andando purtroppo oltre le già pessimistiche prospettive", ha commentato a caldo Giancarlo Giorgetti. La preoccupazione del ministro è ora come rispettare quest’anno il traguardo previsto al 4,3%.

GIÙ IL DEBITO
Epperò, a fronte di un deficit alle stelle, la crescita ha invece aiutato ad alleggerire debito. E non di poco. Il rosso è crollato, a sorpresa, al 137,3%, anticipando di ben due anni il target di discesa sotto il 140%.
Un parametro che, insieme alla maggiore crescita, non sarà trascurabile al tavolo della trattativa con la Ue sul nuovo patto di stabilità. Ma non è tutto. Indicazioni positive sono arrivate ieri anche su lavoro e carovita. Sul primo fronte, malgrado l’interruzione a gennaio di una lunga serie positiva per l’occupazione, con una riduzione rispetto a dicembre di 34mila unità, il quadro è assolutamente incoraggiante.
Il dato è infatti legato alla flessione dei lavoratori a termine e degli autonomi mentre i dipendenti a tempo indeterminato crescono. L'Istat segnala che gli occupati dipendenti con un contratto stabile crescono di 5mila unità su dicembre e di 373mila sull'anno mentre i lavoratori a termine diminuiscono di 15mila unità su dicembre e di 33mila sull'anno. Il che significa meno precariato e più lavoro stabile.

 

 

Nel complesso gli occupati rispetto a gennaio 2023 sono aumentati di 362mila unità con una crescita maggiore per le donne (+188mila) rispetto agli uomini (+175mila). Numeri che spostano di poco il tasso di occupazione da record degli ultimi mesi (0,1% in meno al 6,8%) e lasciano invariato al 7,2% quello di disoccupazione. E buone notizie arrivano anche sul fronte dei prezzi. L’Italia si conferma infatti il Paese dell’Eurozona dove il calo dell’inflazione è stato più rapido e consistente (seconda dopo la Lettonia). A febbraio l’indice dei prezzi segna un +0,1% mensile, contro il +0,3% di gennaio, e +0,8% annuo, stabile sul mese precedente. Le stime del mercato erano per un +0,3% mensile e un +0,9% annuale. E, cosa più importante sia per le tasche dei consumatori, si riduce sensibilmente il carrello della spesa, che passa dal +5,1% al +3,7%. Insomma, forse non c’è da festeggiare. Ma il declino auspicato dai gufi è sicuramente una roba diversa.

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