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Francia, la sinistra condannata perché ignora il disagio

Gianluigi Paragone
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Come piace la Francia a commentatori, inviati, giornalisti con la erre moscia. Da giorni leggiamo analisi su cosa sta accadendo Oltralpe e sulle presunte angosce (memorabile Repubblica sul boom di sedute di psicanalisi per paura della Le Pen). La Francia piace, insomma; del resto un italiano (Sandro Gozi) è europarlamentare in quota Macron e un bel po’ di sinistrorsi hanno casa a Parigi o i galloni della Légion.

Piace a loro e ce la raccontano nella salsa loro; finché editori gonzi pagano per tenerli come corrispondenti o inviati non ce ne libereremo. Per capire però la Francia oltre i pistolotti dei galletti italiani in trasferta, si può stare tranquillamente in Italia ed evitare di leggere Corriere, Repubblica, Stampa...: sono anni che scrivono la stessa cosa sull’urgenza delle grandi ammucchiate democratiche contro i fascisti. Nel ‘92 uscì un film - La Crisi - ancora validissimo: spaccato sociale dove chi vive nelle periferie vota a destra perché ne ha le scatole piene di immigrati e sperequazioni sociali e la sinistra al caviale si bea nei salotti e nei ritrovi del centro. Chi ha soldi o li fa diventa subito democratico e antirazzista; chi non li ha se ne frega delle etichette, in primis quella di razzista, perché nei miasmi e nella giungla delle banlieue c’è altro a cui pensare.

 

 

 

Ieri Federico Rampini ci raccontava degli errori della sinistra sull’immigrazione. Non è nuovo a questa analisi e gliene va dato atto, ma non basta dire che la sinistra non capì la ricaduta di aperture troppo generose delle frontiere, va aggiunto che l’integrazione non è una cena di gala. Aveva ragione chi, a differenza dei compagni, ascoltava il disagio delle persone e guardava cosa accadeva nelle città; non sottovalutava ciò che si diceva negli avamposti Fiom in terra lombarda dove oltre alla tessera del sindacato gli operai avevano quella della Lega; e infine studiava i rapporti di Marzio Barbagli, sociologo del Mulino, su criminalità e immigrazione.

Per il solo fatto di leggere questa società in movimento si era etichettati dalla sinistra e dalle sue penne come razzisti, intolleranti, fascisti. È ancora così, ecco perché la sinistra non ha capito nulla e continua a non capire nulla. Tant’è che nella sua mentalità malata, che resta comunista in radice (invito a chiamarli con il loro nome), chiama all’adunata partigiana contro l’Onda nera replicando il solito schema: si mettono assieme per assumere l’egemonia. In Francia accade la stessa cosa: tutti contro Le Pen/Bardella, a prescindere dalle rispettive posizioni politiche. La chiamano lotta di democrazia ma è un’ammucchiata, un’orgia di potere (che poi è l’unica cosa che interessa ai compagni: conservare il potere). Accade da decenni in Francia ma resta solo l’inquietudine dei cittadini, che si allarga e diventa sempre più densa, più cupa.

 

 

 

La sinistra - lo dico a Rampini che almeno ha capito - può pensare di fare ammucchiate contro natura (del resto per loro non è poi così straordinario...) per fermare la destra, ma non fermerà ciò che quel pezzo di società chiede e che la destra ha capito e raccolto nella sua proposta. In Francia come in Italia, la destra è un’offerta politica pronta a governare.

 

 

 

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