«Andrea si è perso, si è perso, e non sa tornare...» cantava l’illustre ligure, Fabrizio De Andrè? Andrea Orlando ha perso, e non sa se ritornare. Per qualche giorno, l’omonimo del cavaliere di Ludovico Ariosto porterà la maschera di un altro eroe tragico, lo shakespiriano Amleto: “È più decoroso per l’anima tollerare i colpi dell’ingiusta fortuna o impugnare le armi contro un mare di dolori e, affrontandoli, finirli?”. Questo il rovello del candidato della sinistra alla presidenza della Liguria sconfitto da Marco Bucci per ottomila voti. Tornare con le pive nel sacco agli agi del Parlamento romano con le stimmate del perdente o rimanere in Consiglio Regionale per guidare l’opposizione e preparare la sfida per il Comune di Genova, dove si voterà la prossima primavera?
La scelta più facile è anche la più dura da sostenere nel tempo. È vero che nel Pd nessuno dà al tre volte ministro la colpa della sconfitta, sapendo che sul territorio ha fatto il suo il fronte. Le responsabilità maggiori sono attribuite alla segretaria, che ha dimostrato carenze di visione e leadership, sopravvalutando l’apporto di M5S e sottovalutando gli effetti della rottura con Italia Viva. Però, alla fine la faccia sul ko è quella di Orlando e la politica non ha pietà per i vinti. E poi, una fuga da Genova confermerebbe quella che è stata in campagna elettorale la critica più maliziosa al candidato, ovverosia di non avere a cuore il proprio territorio.
“Amleto” ci sta pensando, anche perché la sua ricandidatura nel 2027 al Parlamento in caso di ritorno oggi da perdente non è scontata, visti i rapporti con Schlein. Se accetterà, non sarà facile per lui. In Regione nel Pd hanno vinto gli uomini legati a Claudio Burlando, un mezzo nemico interno di Orlando, che avrebbe però l’appoggio del segretario della Liguria, lo spezzino Davide Natale, e di quello di Genova, Simone D’Angelo, con il quale ha stretto molto i rapporti in campagna elettorale.
SULL’ALTRO FRONTE
Altra partita si gioca Marco Bucci, che sta già lavorando alla sua giunta e incontrerà i partiti dopo il fine settimana festivo per confrontarsi sui venti nomi che ha in testa. Gli assessori saranno sette e quello sul quale il presidente non sembra disposto a mediare è l’uomo per la Sanità, individuata come la priorità, insieme alle opere pubbliche. Serve un manager, perché bisogna organizzare lo smaltimento del 100% delle liste d’attesa e costruire cinque ospedali. Pare che Bucci si fidi ciecamente di Luciano Grasso, manager con importanti incarichi già incluso nella squadra del Ponte e che il presidente ha candidato nella sua lista, dove però ha raccolto pochi voti. Continua l’odissea intanto di Giovanni Toti. La Procura ieri non ha approvato la proposta dell’ex governatore di scontare la pena ai servizi sociali in un parco perché «non prevede anche lavori manuali» e il presidente dell’ente è stato nominato dalla Regione. Se ne riparlerà il 18 dicembre, quando l’ex governatore presenterà un’alternativa.