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Francesca Ghio, la consigliera che insulta Meloni anche se la chiama per dirle brava"

di Brunella Bolloli venerdì 29 novembre 2024

3' di lettura

Dobbiamo ringraziare le donne come Francesca Ghio, che pure a distanza di vent’anni, davanti a tutti, hanno il coraggio di denunciare la violenza sessuale di cui sono state vittime. Ma dobbiamo anche chiederci perché quel racconto così potente ed efficace, un esempio per tante che ancora subiscono in silenzio, rischia di venire vanificato dall’odiosa polemica del giorno dopo. Da quella reazione intrisa di astio e ideologia espressa dalla stessa Ghio nel suo post di ieri: «Ho parlato 20 minuti al telefono con il presidente Giorgia Meloni. Se avessi assecondato il motivo della sua telefonata probabilmente sarebbe durata pochi secondi. Giusto il tempo di lasciare che mi riportasse i complimenti per il coraggio e la vicinanza per il dolore, ma non ci sto a queste logiche». Il messaggio su Instagram pretende di urlare al mondo che è colpa dell’attuale governo se più di vent’anni fa in una casa della Genova bene si è consumato il più atroce dei delitti che riguardano le donne, secondo solo a quello che il linguaggio della cronaca indica come femminicidio, e che ogni 25 novembre ci sbatte in faccia il triste bollettino di sangue dal nord a sud dell’Italia. Tutti ci indigniamo, infatti, di fronte all’atroce fine di Giulia, di Lorena, di Aurora, di Patrizia, dell’altra Giulia che era incinta al settimo mese del suo Thiago, e la lista, purtroppo, potrebbe continuare.

Francesca Ghio, consigliera comunale nel capoluogo ligure con la lista Rossoverde, ha quindi fatto bene martedì in Aula a raccontare la sua storia di bambina «morta a 12 anni», a causa dello stupro subìto e il suo avvocato fa sapere che ora è pronta a dire il procura, dove è stato aperto contro ignoti, il nome del suo aguzzino. Le auguriamo di avere giustizia.
Ma la solidarietà femminile non è ciò che interessa a questa portavoce di Fridays for future, il cui obiettivo è piuttosto attaccare l’inquilina di Palazzo Chigi, colpevole di non fare abbastanza, o peggio, di contribuire a difendere «i figli sani di un sistema malato». Il dramma patito allora dalla consigliera di Avs diventa così, per suo stesso volere, argomento di scontro politico, attacco alla presidente del Consiglio che aveva alzato il telefono solo per esprimerle vicinanza umana, per applaudire con sincerità il suo discorso pubblico tenuto dentro da tempo. Era un colloquio da mamma a mamma, affinché certe bruciature dell’anima non colpiscano altre ragazze. La chiamata di Giorgia Meloni sarebbe dovuta rimanere riservata. Un gesto personale lontano da ogni clamore. Un fatto privatissimo, pure se dall’altra parte del filo c’era una carica dello Stato. Magari, chissà, forse quel dialogo sarebbe potuto anche diventare occasione per qualcosa di costruttivo per il futuro: vedersi attorno a un tavolo per tentare quell’alleanza trasversale tra donne che certi temi impongono, al di là dei differenti schieramenti politici. Questa, almeno, era l’intenzione di Meloni.

Peccato che invece l’esponente di sinistra, tutta concentrata nella lotta politica come purtroppo accade a tante femministe di oggi, non abbia colto il segnale. L’esperta di flashmob, che ama le canzoni di Giulia Mei, non ha capito nulla o, peggio, ha capito fin troppo bene e ha usato quella conversazione per fare un comizio on line. Francesca contro Giorgia. Sinistra contro destra. «Presidente Meloni, se sono morta a 12 anni è anche per colpa di persone come lei, che scelgono di guardare da un’altra parte trovando continuamente un capro espiatorio e pur avendo il potere nelle mani e gli strumenti per cambiare, scelgono di guardare da un’altra parte». Ma la Meloni quando si è volata dall’altra parte? Casomai il contrario: si è girata verso la vittima di molestie, che però l’ha rifiutata. Ha disprezzato il gesto perché proviene dalla leader di Fdi. Colpevole, secondo lei, di non volere l’educazione sessuale a scuola e di «non risolvere il problema nascondendolo dietro parole retoriche. A noi», ha attaccato, «serve un cambiamento. Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle persone che più non hanno voce». L’assurdo è che le “compagne” di M5S e Avs hanno accusato Meloni di «sciacallaggio» e «strumentalizzazione», senza rendersi conto che a strumentalizzare se stessa e il suo dramma è stata, prima di tutto, Francesca Ghio.

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