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Paolo Savona: alle armi preferiamo la ragione

di Paolo Savona martedì 25 marzo 2025

2' di lettura

Caro Direttore, tutti si chiedono che cosa succede a questo pazzo mondo. Newton disse che era in grado di spiegare il movimento degli astri, ma non la follia della mente umana. Tuttavia, non possiamo rinunciare a tentare di capirla. La mia tesi è che sono venuti meno i grandi disegni di civiltà che i leader proponevano ai popoli.

Negli ultimi due secoli siamo passati dalle lotte per trasformare i sudditi in cittadini, gli assolutismi regi in democrazie e le colonie in Stati -nazione, sempre sotto la spinta inarrestabile dei popoli. La Russia di Lenin diffuse le idee comuniste di un mondo migliore, di cui Stalin diede una versione paradossale che ebbe però molta presa, mentre oggi non dispensa filosofie, ma invade altrui territori.

Gli Stati Uniti di Roosevelt diffusero l’ideale delle quattro libertà (di parola, di religione, dal bisogno e dalla paura), oggi con Trump mira a vivere meglio con ogni mezzo e senza valutare le conseguenze globali. L’Europa di De Gasperi, Adenauer e Schuman, culla della più moderna civiltà sconfessata da due drammatiche guerre mondiali, non trova la sua strada per unificarsi politicamente e indicare la soluzione per i propri e gli altrui problemi. La Cina di Deng e Xi, paese di cultura raffinata, ricerca una supremazia geopolitica, senza però farci capire l’uso che vuole farne.

L’India, che con la marcia del sale di Gandhi aprì la strada alla colonizzazione pacifica, stenta a svolgere un ruolo geopolitico equilibrante. Il resto del mondo è un crogiuolo dove si fondano il malessere dei popoli e i conflitti religiosi. Più o meno tutti affidano oggi alla forza delle armi e non più alla forza della ragione la soluzione dei problemi nazionali e internazionali, illudendosi che questa possa essere la via giusta per dare una risposta soddisfacente alle istanze popolari. Il protezionismo impera, negando le esperienze negative del passato e giustificandone il rinnovato uso per garantire la sicurezza degli Stati e soddisfare la pressione degli elettori, causando stanchezza per le democrazie e attrazione per le autocrazie. Si ricorre ancor più al debito pubblico e all’uso di monete false per stare meglio come base di promesse che richiedono più cooperazione internazionale per essere attuate.

Non si debbono certo trascurare le istanze di sicurezza e di benessere, ma la loro soddisfazione non accompagnata da movimenti di popolo trainati da grandi disegni sociali non porta da nessuna parte, anzi aggrava i problemi da risolvere, dalla distribuzione inaccettabile del reddito globale, alla tutela dell’ambiente, al governo dell’immigrazione illecita e alla lotta contro la criminalità organizzata.

Tutti si aspettano che emerga una politica di grande respiro che amalgami le molteplici istanze per ossigenare i cervelli affetti da ipossia dovuta a chiacchiere e promesse senza fondamenti pratici; questa necessità stenta a emergere, anche perché non viene sollecitata.

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