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Il Pd ha nostalgia della falce e martello

La sinistra, a corto di idee per incidere sul presente, sceglie di rifugiarsi nel passato
di Alberto Busacca mercoledì 2 aprile 2025

3' di lettura

«Evviva la “falce e martello”». La sinistra, a corto di idee per incidere sul presente, sceglie di rifugiarsi nel passato. E, come di consueto, lo fa nel modo peggiore. Siamo a Genova, dove tra poco si voterà per eleggere il nuovo sindaco. Succede che la candidata progressista, Silvia Salis, e il segretario metropolitano del Pd, Simone D’Angelo, sono stati immortalati sotto una gigantesca “falce e martello”. E il centrodestra, come ampiamente prevedibile, ha colto la palla al balzo per attaccare i rivali, che sono, come avrebbe detto Berlusconi, «sempre i soliti comunisti».

La cosa poteva tranquillamente finire così, e rimanere una polemica locale, ma poi D’Angelo ha deciso di dire la sua. Con queste parole: «La candidata di complemento del centrodestra, Ilaria Cavo, ha avviato una campagna curiosa contro il Pd, diffondendo una foto che abbiamo scattato con Silvia Salis davanti a un murales realizzato da esuli cileni, con una “falce e martello”. Non siamo così ingenui da non sapere che quel simbolo non ha sempre rappresentato la libertà, ma sappiamo anche che è stato il segno di molti che hanno lottato per la libertà, sia in Italia che in Cile». Poi l’attacco a Fratelli d’Italia: «Non possiamo dimenticare la nostra storia, e non dimentichiamo che nel simbolo del principale partito del centrodestra c’è una fiamma, che rappresenta la vigliaccheria nella storia di questo Paese. Vogliamo cambiare tutto, vogliamo un cambiamento profondo, ma una cosa che non si può mai cambiare è la storia».

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Com’era inevitabile, con D’Angelo si è subito schierata anche la sezione genovese dell’Anpi: «Sì, per tanti italiani “falce e martello” sono stati simbolo di liberazione contro la dittatura fascista e l’occupazione tedesca. Quel simbolo, che oggi sembra disturbare certi esponenti meloniani, è stato profondamente collegato alla storia democratica della Repubblica italiana, a differenza della fiamma tricolore, presente nel logo di Fratelli d’Italia, che richiama la tomba di Mussolini a Predappio». Poi, tanto per gradire, le solite balle su Almirante, definito «fucilatore di partigiani».

Ora, lasciando stare l’Anpi (ormai la conosciamo), alcune riflessioni sul Partito democratico vanno invece fatte. Innanzitutto, come ovvio, la “falce e martello” è tutt’altro che un simbolo di libertà. Ma il vero problema è la totale incapacità della sinistra italiana di fare i conti con la propria storia. Non si può pretendere che i dem diventino anticomunisti, ma non ci si può nemmeno accontentare del solito ritornello del tipo “in Italia i comunisti sono stati bravi e hanno scritto la Costituzione”. Innanzitutto perché non è proprio così. I comunisti italiani sono stati legati a doppio filo all’Unione sovietica (che li ha pure ampiamente finanziati), hanno collaborato coi partigiani titini (non serve ricordare cosa hanno fatto) e si sono in alcuni casi resi responsabili di crimini gravissimi (per fare un esempio è appena passato, nel silenzio, l’ottantesimo anniversario dell’eccidio di Porzus, diciassette partigiani delle Brigate Osoppo uccisi da partigiani comunisti). Inoltre questa posizione sta isolando il Pd a Bruxelles. In mezza Europa i regimi comunisti li hanno provati sulla loro pelle, e provate a convincerli che spesso la “falce e martello” è un simbolo di libertà...

Insomma, servirebbe una rilettura critica del proprio passato un pochino più convinta e articolata, cosa che i loro avversari hanno iniziato a fare già da tanti anni... Per questo stona anche l’attacco contro la fiamma tricolore (a parte il paradosso di chiedere rispetto per la propria storia mentre si calpesta quella altrui...). Su Almirante, tra l’altro, si potrebbe ricordare che «ebbe un ruolo importante nella storia di questo Paese, perché seppe condurre nell’alveo della democrazia quegli italiani che, dopo la caduta del fascismo, non si riconoscevano nella repubblica del ’48». Non sono parole di Giorgia Meloni, ma l’ha detto, nel 2008, l’ex presidente della Camera Luciano Violante. Erano altri tempi. Ed erano altri (ex) comunisti...

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