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L’opposizione non dorme e anche stavolta sceglie i nemici dell'Occidente

Il dibattito sulla guerra conferma la crisi irreversibile della sedicente sinistra italiana
di Francesco Damato domenica 15 giugno 2025

3' di lettura

All’arrivo delle prime notizie sulla guerra fra Israele deciso a vivere e l’Iran deciso ad annientarlo ben prima e ben oltre il fiume e il mare, come gridano nelle piazze quanti giustificano, se non esaltano i terroristi che hanno sequestrato ai palestinesi i loro diritti, facendo credere di volerli difendere; all’arrivo, dicevo, delle prime notizie sulla guerra ormai diretta fra Israele e Iran mi sono chiesto se le opposizioni che in Italia hanno a loro volta sequestrato il concetto, la parola e altro ancora della sinistra sarebbero state capaci, una volta tanto, di comprendere le ragioni della sopravvivenza dello Stato ebraico.

Comprendere, ripeto, almeno come Aldo Moro alla guida dei primi governi organici di centrosinistra in Italia si presentava puntualmente alle Camere a parlare del conflitto in Vietnam per esprimere questo sentimento verso gli americani che vi erano impegnati. E combattevano lì quella che il primo socialista al Quirinale, Giuseppe Saragat, ben prima che arrivasse Sandro Pertini alla presidenza della Repubblica, definiva una “guerra di civiltà”. Persa purtroppo dalla civiltà, come spero che non si ripeta in Medio Oriente, con tutto quello che potrebbe derivarne all’Europa e, più in generale, all’Occidente.
Riflettevo su queste cose quando le opposizioni sono riuscite a sorprendermi anche stavolta ingaggiando col governo la solita polemica da asilo Mariuccia. Hanno cominciato col dargli letteralmente la “sveglia” ed hanno insistito quando il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani si è permesso di ricordare ironicamente che lui già stava lavorando sugli sviluppi della guerra in Medio Oriente dalle 3 di notte.

Non l’avesse mai fatto. Ne è nato uno scontro a più voci, col coinvolgimento di quasi tutte le componenti del campo di dimensioni variabili dell’aspirante alternativa al centrodestra, su chi dorme di più e di meno, su chi si sveglia prima, di notte e di giorno. E quindi sulla solita irrilevanza e simili dell’Italia, del suo governo, della sua politica estera. O sulla solita, presunta corsa della Meloni nell’inseguimento dell’altrettanto solito Trump, comprensivo delle ragioni di Israele, per tornare al linguaggio moroteo. Comprensivo a tal punto da definire “eccellente” l“operazione” contro l’Iran deciso a perseguire la bomba atomica, con tutto ciò che ne deriverebbe in Medio Oriente e oltre, fingendo di trattare per risparmiarsela e risparmiarcela.

Non c’è purtroppo più un’occasione che la sedicente sinistra italiana si lasci scappare per dimostrare la crisi nella quale si dibatte sempre di più da quando perse l’anima nel fango del giustizialismo e poi nel progressivo arretramento, sul piano sociale, in quella che qualche giorno fa Luciana Castellina, ironizzando sulla fila incontrata al suo seggio nelle votazioni sui referendum intestati al lavoro e alla cittadinanza, ha convenuto nel definire la sinistra delle zone centrali a traffico limitato. Lasciando le periferie o alla destra, nel migliore dei casi, o alla rabbia qualunquistica nel peggiore, dove cerca di affacciarsi adesso anche Giuseppe Conte senza cravatta e fazzoletto nel taschino della giacca.

La Castellina ne ha già viste tante nella sua vita appassionata a sinistra, compresa la radiazione nel lontano 1970 dal Pci di Pietro Longo e di Enrico Berlinguer con i compagni del manifesto contrari alla “normalizzazione” di Praga dopo la primavera di Dubcek finita nel sangue. Le è toccato vedere anche questa sinistra delle ztl prima di compiere 96 anni il 9 agosto. Auguri, sinceramente.

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