Elly Schlein, prima minaccia Ursula poi vola a Budapest

di Francesco Storacesabato 28 giugno 2025
Elly Schlein, prima minaccia Ursula poi vola a Budapest
4' di lettura

Davanti alle fabbriche trovi solo operai sconsolati, ormai. Votavano Pci, vorrebbero trovare nel Pd la loro rappresentanza, ma sono smarriti: scrutano le mosse della Schlein e capiscono che per chi lavora ci sono solo slogan e nessuna prospettiva. Perché le priorità dem si chiamano Green Deal, al punto di minacciare la rottura con la Von der Leyen, e poi diritti civili in Ungheria. Non che della presidente della commissione Ue gliene freghi particolarmente a quegli operai, ma che la lite debba vertere sulla fine di ogni politica sociale in Europa un po’ li fa incazzare. Assai. Poi, Orban sarà quel che è dicono sfogliando gli articoli degli intellò che lo demonizzano - ma non è mica roba nostra quel che succede a Budapest, si dicono nei loro conciliabili. Così va il mondo rosso e prima o poi chiameranno la Schlein a saldare il conto.

Lo scontro tra la presidente Ue e la segretaria del Pd è ormai evidente: alleatissime un anno fa, adesso emerge in tutta la sua fragilità una coalizione al contrario. E la Schlein lo ha messo in evidenza davanti ai suoi eurodeputati a Bruxelles. Con toni molto duri: «Non siamo disposti ad accettare una politica dei due forni... i nostri voti non possono essere dati per scontati. Vogliamo segnali chiari». Che cosa è successo da farla infuriare così tanto? Da una parte l’isolamento del compagno Sanchez. Il premier spagnolo è diventato il suo riferimento europeo e gli ha espresso sostegno nella richiesta di sospendere ogni accordo tra Ue e Israele. Sennò non si sente la voce socialista in Europa... E siccome teme lo scivolamento a destra della Commissione di donna Ursula manda segnali: la Schlein vuole linee nette soprattutto su spese militari e politica estera.

NIENTE DI SCONTATO
Per la capa del Nazareno, la Von der Leyen «deve capire che i nostri voti non possono essere dati per scontati», ha spiegato la segretaria ai suoi eurodeputati nella riunione a porte chiuse. «Non siamo disposti ad accettare la politica dei due forni da parte del Partito popolare europeo e della presidente della Commissione europea. Abbiamo delle priorità e vogliamo dei segnali chiari, perché non è possibile accettare che qualcuno pensi che ci siano due diverse maggioranze a seconda dei propri bisogni. Non è così, e su questo noi saremo netti e molto chiari». E in questo trova l’intesa appunto con i socialisti spagnoli: «Noi abbiamo dato un segnale chiaro alla presidente della Commissione, l’ha fatto la presidente del gruppo socialista che ha spiegato che così non si può andare avanti», aggiunge. «Solo nell’ultima settimana abbiamo visto, per un capriccio dei conservatori europei, ritirare una direttiva che stava arrivando alla fine del suo negoziato, quella contro il greenwashing (in pratica quello che definisce l’ecologista di facciata). È una cosa senza precedenti che noi non siamo disponibili ad accettare». «Quanto a lungo ancora il Ppe vuole rincorrere l’estrema destra e pensa di poterlo fare assicurandosi comunque il supporto dei nostri voti quando c’è bisogno di parlare di questioni importanti come il bilancio europeo? Noi abbiamo bisogno di chiarire un punto: se il Ppe non si sente vincolato a un patto di maggioranza con le forze pro-europee, tantomeno ci sentiremo vincolati noi».

MARCIA PER I DIRITTI
Insomma, il Green Deal Europeo è una delle sue priorità. Elly Schlein insiste nel difendere l’agenda ecologica Ue (transizione energetica, giustizia climatica), anche quando questa è percepita da sempre più vaste fasce di popolazione (e anche di palazzo) come costosa e lontana dai problemi quotidiani. Poi, c’è l’altra grana che ha deciso di affrontare in prima persona. La segretaria dem è in partenza per Budapest per partecipare al Pride, che quest’anno è preceduto da rulli di tamburi per via del “no” di Viktor Orban al raduno. Insieme al gruppo socialista di Strasburgo, la Schlein con una delegazione europea sfiderà il divieto imposto dal governo di Orbán. Stando alle cronache il no ungherese, attraverso un provvedimento legislativo entrato in vigore a marzo, vieta le marce Lgbt considerate dannose per i minori e prevede multe fino a 500?€ e riconoscimento facciale per i partecipanti. Problemi loro, diranno gli operai di prima. Macché, questa è una grande questione europea ed eccoli lì a marciare. Schlein ha definito questa normativa una «pagina buia per i diritti» e ha ribadito che «la diversità non si può vietare per legge», aggiungendo che «siamo al fianco della comunità Lgbt+ in Ungheria e in tutta Europa». In effetti in pochi avevano dubbi. Del resto non è da oggi che sui diritti civili del mondo Lgbt il “nuovo” Pd investe politicamente. E il viaggio a Budapest ne è la dimostrazione. Il popolo assiste attonito.

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