Gianni Alemanno
Le priorità, quando si governa, sono sempre tante e forse troppe. E poi capita che, per fortuna in casi come questi, ci sia qualche parlamentare del Pd, a parlarne in Aula. Per fortuna, perché magari ci sarà qualche onorevole di destra ad occuparsi finalmente delle denunce di Gianni Alemanno dal carcere di Rebibbia. Certo, è stato condannato per traffico di influenze e già questo può lasciare un po’ perplessi. Poi – la vulgata – «se ne occupa solo perché ora capita a lui». E immaginiamo pure che sia così: e non è un merito far sapere con tenace costanza dalla sua pagina di Facebook – si può fare anche dalla galera rispettando l’ordinamento penitenziario – le condizioni di tutti i detenuti senza parlare solo di se stesso? Permettetemi di dirlo, in prima persona, a Fdi come alla Lega, a Forza Italia come a Noi Moderati: Gianni Alemanno avrà pure avuto un recente percorso politico diverso, a volte alternativo, rispetto al centrodestra originale, ma vivaddio qualcuno si svegli. Non basta andarlo a trovare a Rebibbia, ma bisogna condurre una battaglia consapevole.
È vero che da questa parte del campo la parola d’ordine è certezza della pena, ma la sanzione carceraria non prevede la tortura. E quello che sta accadendo in queste settimane nelle carceri – lo scrive proprio Alemanno nel suo diario, lo ha raccontato l’on. Fina del Pd a Montecitorio, lo ha postato anche l’on. Gianni Cuperlo, sempre del Pd – non deve essere sottovalutato a destra. Siamo davvero convinti che i 14mila posti che mancano nelle prigioni verranno realizzati in quattro e quattr’otto? Allora stiamo pure fermi. Ma intanto ci sono storie carcerarie incredibili; come la negazione dei domiciliari ad un detenuto di 81 anni (! ) per reati finanziari risalenti a 15 anni orsono e tante altre vicende tristi che si consumano dietro le sbarre (sempre ieri Alemanno ha dato notizia del tentato suicidio di un detenuto libico, salvato dai carcerati che urlavano, dall’agente penitenziario intervenuto e dal medico che lo ha salvato).
Ecco, forse conviene alzare la testa. Parole di Alemanno e Fabio Falbo, «scrivano» del Braccio G8 di Rebibbia, laureatosi in giurisprudenza in carcere: «Non chiediamo impunità, chiediamo umanità, non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia, anche perché nessuna pena può diventare tortura, perché nessuna cella può diventare una tomba, perché nessuna persona mai dovrebbe essere trattata come meno di un essere umano». In questo rientra anche la discussione sulla legge Giachetti, che amplia di un mese i permessi di uscita per chi si comporta bene in prigione. Quindi, non un indulto, non un’amnistia, ma una sorta di premio da meritare. Per diventare effettivamente legge, però, la proposta Giachetti deve essere approvata dal Parlamento. Ma che ci vuole a metterla in campo, magari in sede legislativa in un’estate atroce per il caldo? Con Alemanno abbiamo un po’ tutti, nel centrodestra, trascorso decenni tra amicizia e liti; può essere tutto dimenticato perché magari non siamo d’accordo con lui su Ucraina e Israele o chissà su che altro? Se persino a sinistra – quella sinistra che ha avversato ferocemente Alemanno quando era sindaco e anche da parlamentare e ministro – si coglie l’allarme che lancia, non credo che avvenga per stuzzicare chi governa. Ma è un richiamo a far rientrare anche la condizione carceraria tra le priorità. E ieri si è sentita – di nuovo- anche la voce dei radicali, che vorrebbero svolgere una riunione anche alla presenza di Alemanno, ovviamente a Rebibbia. Per una volta, possiamo sentirci un po’ radicali pure a destra, magari senza esagerare...? Pensiamoci – tutti – almeno un po’, ma non per troppo tempo. Ogni ritardo può essere letale per tanti.