Se non ci fosse, Roberto Occhiuto bisognerebbe inventarlo. Perché il governatore della Calabria, dimissionario e di nuovo in corsa per vincere le regionali, ha chiamato allo scoperto i giochi di chi trama contro di lui. L’opposizione da campo largo si è già squagliata. Litigheranno per lo sfidante, candidato ad una cocente sconfitta, e dovranno smetterla col telecomandare i dirigenti di riferimento in regione. Si vocifera - e Occhiuto non lo ha nascosto - di una specie di sciopero non dichiarato della firma sugli atti di governo più importanti.
Ovvero, le indagini della magistratura bloccano gli uffici. Con tanti saluti agli ospedali finalmente cantierizzati, alla viabilità e a tutto quello che serve ad accompagnare il percorso di sviluppo della Calabria. Il governatore si è stufato delle manovre che ha annusato e ha deciso di chiamare la corsa. Fatevi avanti, signori della sinistra criticona, ma soprattutto sabotatori che pensate di continuare ad agire nell’ombra.
I più spaventati dalla nuova competizione elettorale sono quelli del Pd, che non sanno che pesci prendere e straparlano di irresponsabilità. I più divertenti sono i Cinquestelle, che sono davvero nel panico. Si distinguono in particolare Pasquale Tridico, eurodeputato, l’inventore del reddito di cittadinanza che ha provocato solo buchi nel bilancio dello Stato senza alcuna prospettiva occupazionale per i troppi calabresi in cerca di lavoro; e Vittoria Baldino, che al solito, taccia di «arroganza» il governatore.
Eppure, loro e gli altri compari di movimento, sono sempre (quasi) in prima fila a pretendere dimissioni per un avviso di garanzia. Occhiuto li ha accontentati. Un po’ più su, nelle Marche, Matteo Ricci, no. Ma che strano. Quest’ultimo lo ingoiano, Occhiuto no. In realtà quello che teme l’opposizione è proprio la scelta di rivolgersi al popolo.
Il governatore di una regione che della politica ha bisogno proprio per dare speranza ai suoi cittadini, vuole che siano i calabresi a decidere, non la giustizia. E Occhiuto lo afferma pur manifestando fiducia nei magistrati, ai quali ha chiesto di essere interrogato e loro non hanno esitato ad ascoltarlo. Il presidente della regione non teme ulteriori spifferi che possano trapelare ad arte sul suo operato. Perché conosce il valore delle realizzazioni che ha cominciato a mettere in campo e non vuole assoggettarsi ad una strategia di logoramento burocratico che punti a fermarlo, a non fare andare avanti l’azione di rigenerazione del territorio.
Di qui a ottobre, quando probabilmente si voterà, la Calabria vivrà una stagione di contrapposizione tra le urla di un’opposizione in stato comatoso e la serenità di una maggioranza consapevole delle opportunità da continuare ad offrire ad una terra troppo a lungo martoriata. Del resto, la frase di Occhiuto pronunciata in tv è emblematica: «Dico ai calabresi: volete continuare a fidarvi del vostro presidente della regione?». È davvero un’affermazione fortissima.
Anziché attendere le solite, lunghissime risultanze di un’inchiesta giudiziaria - «i tempi della politica non sono quelli della giustizia», ha aggiunto - manda un segnale preciso agli elettori. Perché Occhiuto vuole governare senza ostacoli eretti per impedirglielo con l’alibi della magistratura.
I cinque stelle, che hanno sempre preteso dimissioni da chi veniva indagato- tranne appunto nel caso marchigiano dove l’accusato resta in campo per gentile concessione della ditta Conte- questavolta invece se ne adontano. Perché in fondo a chi dà dell’arrogante a Roberto Occhiuto oppure lo dipinge come un irresponsabile perché denuncia quello che sta succedendo nell’amministrazione, della Calabria non frega proprio nulla. I pentastellati - e i dem non sono da meno - hanno solo bisogno di sopravvivere politicamente tentando di acciuffare poltrone dove capita. Stavolta, però, si sono imbattuti in un avversario che non ha paura delle indagini e che si preoccupa solo del buon andamento degli uffici, paralizzati dalla paura. Questa dovrebbe diventare una questione da affrontare seriamente anche per chi gli si oppone, che invece ha solo da urlare senza spiegare perché con loro dovrebbe andare meglio.
A meno che - ed è il dubbio che comincia ad affiorare in molti- non ci siano dirigenti, burocrati, colletti più rossi che bianchi, che continuano ad obbedire ai poteri di un tempo. E allora Occhiuto non ha il diritto ma il dovere di spazzarli via proprio per il futuro della sua amata terra. Guai a farsi intimidire. Stare fermo ad attendere il tempo che scorre sino alla fine della legislatura, avrebbe consentito di distruggere ogni ipotesi di rilancio e di sviluppo. Chiamare allo scoperto i giochi sporchi consente alla Calabria di rialzare la testa e disperdere i suoi nemici.
Il centrosinistra - a partire da M5s- finge di non capirlo. Ma a muovere le fila potrebbero essere gli stessi che hanno bloccato i loro governi regionali. Che non si dimettevano pur di restare in sella.
Occhiuto ha fatto la scelta opposta e sarà premiato dagli elettori.