Ora che la bomba Almasri è deflagrata, il governo pensa alle contromisure. A ottobre il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, discuterà in Parlamento per spiegare i contorni della vicenda e abbattere il muro accusatorio nei confronti dei suoi uomini. Il Tribunale dei ministri ha chiesto il rinvio a giudizio, infatti, per i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi e per il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano. I tre sono accusati di favoreggiamento e peculato. Per il Guardasigilli Nordio, in più, c’è anche l’accusa di omissione di atti d’ufficio.
La posizione del premier Meloni, invece, è stata archiviata. La richiesta di processare due ministri e un sottosegretario di Palazzo Chigi, ma non lei, da parte delle toghe, sarebbe una sorta di ritorsione contro la riforma della giustizia. E ci sarebbero, quindi, i crismi di un agguato politico spendibile durante la campagna elettorale del referendum che seguirebbe l’approvazione della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere.
Ci sono, però, altri punti deboli, come il fatto che i magistrati ritengano l’azione del governo sul caso Almasri un obiettivo volto a tutelare un interesse pubblico e nazionale. Secondo Meloni, i magistrati non hanno riconosciuto legittime le ragioni delle azioni del governo, non le hanno considerate sufficienti per non ravvisare profili penali nel comportamento dei due ministri.
Lo staff del premier ieri pomeriggio, mercoledì 6 agosto, era rassicurato dal fatto che a decidere saranno gli italiani: “Vedremo se i cittadini saranno più sensibili alle esigenze di tutelare alcune centinaia di italiani in Libia, di fronte a un rischio imminente per loro e le loro aziende, o a quelle dei magistrati che hanno scritto gli atti”.
La posizione di Giorgia Meloni, archiviata, le dà certamente forza e, sempre dal suo staff, la decisione è motivata così: “I magistrati non hanno voluto rischiare che facesse un gesto clamoroso, magari salendo al Colle”. Per la Meloni è difficile dimostrare che tre membri di punta del governo siano meritevoli di un processo e il loro capo, invece, no, così rivendicherà di aver seguito tutta la vicenda per filo e per segno e la sua esclusione dal processo è solo un modo per salvare l’inchiesta.