Ferragosto rovente ben oltre la calura estiva sotto il Cavallo morente simbolo di Mamma Rai. Se l’Europa e le sinistre italiche, come sempre in vena di emergenze democratiche, aspettavano al varco brandendo come una clava il Freedom Act (la legge europea sulla libertà di stampa) in vigore da ieri, i vertici di viale Mazzini, da parte loro, non si sono lasciati affatto sorprendere. Anzi in una nota per nulla domata dalla bonaccia d’agbosto, la Rai è partita lancia in resta.
Prima esprimendo una generica «sorpresa» mista al «rammarico» per il report Pressure on Public Media pubblicato da Reporters Sans Frontières (RSF). A seguire però la lama targata Rai è andata a fondo.
Non lasciando alibi ai soliti colpi di sole che l’opposizione, capace di riunificarsi solo quando si parla di tv pubblica, immancabilmente ha lanciato. Solenne e quasi mortifera la nota della segretaria dem Elly Schlein. «Da oggi l'Italia è fuori legge e rischia una procedura di infrazione da parte dell'Ue. Con tutte le altre opposizioni ci batteremo per una riforma che renda la Rai indipendente e per un’informazione corretta e plurale».
Praticamente un’eco ai soliti schiaffi che Usigrai, il sindacato un tempo unitario, riserva all’azienda per la quale gli stessi iscritti lavorano. «Dal Parlamento ancora solo un tentativo di riformare la legge sulla Rai con una proposta gattopardesca che finge di cambiare le norme che consentono al governo e ai partiti di maggioranza di detenere il controllo sul Servizio Pubblico».
Unirai, il sindacato libero, ovviamente dissente contro «la campagna strumentale e di delegittimazione che finisce col colpire non solo l’azienda ma anche i suoi lavoratori». A difendersi però con le unghie entrando nel dettaglio del report europeo è, stata, come detto, la Rai in prima persona che pur dichiarando di accogliere «con attenzione le osservazioni contenute su un tema di fondamentale importanza come quello dell'indipendenza del Servizio Pubblico», ha evidenziato «alcuni punti critici», a partire da «giudizi che talvolta paiono basati su opinioni giornalistiche piuttosto che su dati di fatto con significativi limiti metodologici». L’Azienda ha sottolineato che «in nessuna occasione, nelle fasi di costruzione del rapporto, i compilatori hanno cercato una verifica diretta e un confronto con la Rai».
Rai lamenta quindi anche e che nel documento «non si fa menzione degli obblighi di servizio pubblico stabiliti dal Contratto di Servizio e dalla normativa vigente" . Secondo l'Azienda, una valutazione corretta del pluralismo e dell’indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo deve «basarsi su una valutazione completa, trasparente e fondata su dati oggettivi, nel pieno spirito di collaborazione istituzionale. Il ruolo del Servizio Pubblico è questione complessa e centrale nel percorso democratico delle nazioni» .Per questa ragione «Rai è determinata a svolgere fino in fondo il proprio ruolo, anche nella dialettica delle visioni, ma sempre nel rispetto dei principi di fondo del pluralismo».