Si sono messi in fila. Neanche un giorno dopo, neanche il tempo che si desse la notizia: loro, i compagni propal, gli esponenti della sinistra e dei Verdi, i dem, hanno iniziato subito a tirare in ballo Netanyahu e, quindi, il governo Meloni. «La fame di Gaza arriva fino qui: quella stessa fame che il premier israeliano e la destra estrema, anche italiana, continuano a negare, conseguenza diretta di un assedio e di un’occupazione illegale. Si revochi la cooperazione militare con Israele», Angelo Bonelli, Avs. «Ora ci sono i referti a testimoniare lo squallore negazionista di Netanyahu e dei suoi complici. Sarebbe già un segnale se questa morte, almeno, faccia cessare un immondo dibattito di chi ne tratta continuando a fare affari con Israele e col suo governo genocida», Maurizio Acerbo, Prc (che poi è il Partito di rifondazione comunista). «Nello stringerci attorno ai famigliari, rinnovo con forza l’appello alla pace chiedendo a Israele di interrompere il genocidio in atto e alla comunità internazionale di riconoscere lo Stato di Palestina», Eugenio Giani, Pd
. È un giorno drammatico e (sia chiaro) nessuno lo sta negando: Marah Abu Zuri era una delle ragazze palestinesi atterrate in Italia appena quattro giorni fa nell’ambito dei nostri piani umanitari, aveva diciannove anni. Aveva, soprattutto, bisogno di cure: se ne sono accorti subito i medici dell’ospedale Cisanello di Pisa quando è scesa, in barella, dal C130j dell’aereonautica decollato da Eilat assieme ai suoi famigliari. Aveva «uno stato di profondo deperimento organico» che di certo ne ha aggravato la situazione, ma aveva, soprattutto, una malattia che ancora non era stata individuata. È morta, Marah, il giorno di Ferragosto, dopo i primi accertamenti e le primissime terapie di supporto che però erano sbagliate perchè i medici di Gaza pensavano avesse una leucemia acuta che, da noi, i test citoflurimetrici non hanno rilevato.
È morta non direttamente per fame ma perché una crisi respiratoria improvvisa le ha procurato un arresto cardiaco. Lei, così giovane, «estremamente defedata», spiega Sara Galimberti, che è la direttrice dell’unità di Ematologia al Cisanello, «in una situazione in cui versava non da qualche giorno ma da molto tempo. Una condizione», specifica la dottoressa, «dovuta a una malattia sottostante e probabilmente mai diagnosticata, con parametri alterati di tipo coagulativo e proteine molto basse». Solo che, della spiegazione, quando è arrivata, ieri nel tardo pomeriggio, non interessava più nulla a nessuno: da sinistra era già iniziata la corsa, non tanto al cordoglio ma, al dito puntato. E puntato (tra l’altro) verso Gerusalemme e basta. Non su Hamas che è il vero responsabile della fame nella Striscia di Gaza perché, come certifica l’Unops, l’Ufficio dell’Onu per i servizi e i progetti, dal 19 maggio all’11 agosto scorso, su 3.167 camion di aiuti che hanno lasciato lo Stato ebraico e che erano destinati ai palestinesi, solo 351 sono effettivamente arrivati ai civili gazawi, mentre i restanti 2.816 sono stati intercettati, lungo il percorso, dai tagliagole e dai terroristi per incrementare il circolo illegale del loro mercato nero grazie a tariffe maggiorate anche del 500%, in modo da ricavare, dalla fame di Marah, milioni di dollari fregandosene della stessa popolazione. Macché. A sinistra non si sono fatti scappare l’occasione di accusare, ancora una volta, nonostante (anzi, proprio per) la tragicità di quanto accaduto, senza porsi il problema di conoscere la storia nel dettaglio, in linea con la solita propaganda propal, Israele. ©