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Pd e M5s, nelle regioni stanno tornando le follie grilline

di Pietro Senaldi venerdì 22 agosto 2025

5' di lettura

Aiuto, il grillismo sta provando a tornare. Giuseppe Conte, dopo aver mandato in pensione Beppe Grillo, ne copia il peggio. L’ex premier ha fatto suo il programma della decrescita infelice, dello stipendio garantito a chi non lavora e del progresso da fermare a ogni costo e lo sta imponendo nelle Regioni che stanno per andare al voto. Il Pd e i suoi candidati governatori, ostaggio di Elly Schlein e della sua volontà di fare il campo largo delle sinistre, stanno sottoscrivendo programmi elettorali che sarebbero ritenuti deliranti perfino in una comunità hippy.

Nel giorno in cui il governo sgombera il Leoncavallo, il rinato asse giallorosso si prepara a fare di tutte le Regioni in cui si presenta una sorta di centro sociale, una comunità velleitaria priva delle regole basilari del buon senso, dell’economia e della equa e saggia amministrazione. È l’antipasto del programma con il quale l’opposizione si prepara a sfidare il centrodestra alle future Politiche, un mix di spesa sociale senza denari, ambientalismo senza modernità, dogmi ideologici e lacci alla libera iniziativa.

La voglia di potere e di posti sta piegando anche gli spiriti più riformisti ed evoluti del centrosinistra. La parola d’ordine da quelle parti è tutti insieme a ogni costo pur di vincere e tornare nella stanza dei bottoni, anche al prezzo di dover premere poi il bottone dell’autodistruzione, perché così vuole il sedicente avvocato del popolo. Il leader di M5S detta legge a sinistra in quanto è l’unico che può permettersi di andare da solo, perdere, e restare in gioco anche al prossimo giro.

Con questa formuletta sta facendo il bello e il cattivo tempo nelle Regioni, ha fatto l’esame del sangue a Matteo Ricci nelle Marche, ha trasformato il socialista toscano Eugenio Giani in un estremista, mette becco nelle liste dei dem in Puglia, si accorda sulla testa di Schlein con Vincenzo De Luca in Campania, impone in Calabria mister reddito di cittadinanza, Pasquale Tridico in arte Cetto La Qualunque. Parte oggi dalla Toscana un piccolo viaggio di Libero nelle Regioni laboratorio di questo piano che, se realizzato, sarebbe la pietra tombale sul nostro Paese. Carlo Calenda, con Azione, si è sfilato da questo progetto suicida. Chi a sinistra ha a cuore l’Italia, lo imiti.

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Come si cambia per non morire, cantava quarant’anni fa Fiorella Mannoia, rossa di capello e di pensiero. Come è cambiato, per restare in sella alla poltrona, Eugenio Giani, presidente uscente, e aspirante rientrante della Toscana. Da socialista a grillino. Lui era una delle poche questioni su cui Elly Schlein e Giuseppe Conte vanno d’accordo fuor di ipocrisia: entrambi non lo volevano. Poi però l’ex socialista della Prima Repubblica, sponsorizzato per la prima candidatura da Matteo Renzi, che per lui si impose sull’allora segretario Nicola Zingaretti, ha deciso di ripudiare se stesso.

Ancora una dozzina d’anni fa, quando ormai era transitato nei dem da un pezzo, l’Eugenio aveva rischiato il proprio futuro politico approvando la mozione del Popolo delle Libertà per intitolare una via a Bettino Craxi. Oggi il presidente si è venduto l’anima sottoscrivendo con i Cinque Stelle un patto di governo per metà irrealizzabile e per l’altra metà che ripudia quanto da lui fatto. È il prezzo pagato a Elly e Giuseppi perché lo sostenessero, malgrado Giani alla coppia debba poco: più che convincerli, si è autoimposto sollecitando una rivolta in suo favore dei sindaci toscani. Prezzo salatissimo, se si ricorda che Grillo è quello allontanato dalla Rai per la famosa battuta: «Ma se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?».

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Ma veniamo all’accordo d’intenti, pauperista e con obiettivo decrescita infelice, che il presidente ha approvato. L’elemento (s)qualificante del programma giallo-rosso-verde è il reddito di cittadinanza regionale, misura che M5S pensa di imporre in tutte le Regioni, come condizione base per il campo largo. La misura costerebbe circa 350 milioni di euro, una cifra introvabile, considerato che il bilancio della Toscana registra un disavanzo di un miliardo. La situazione è così precaria che Giani ha dovuto aumentare l’Irpef regionale di duecento milioni, che se ne vanno per ripianare il buco della sanità, il quale oscilla tra i 160 e i 200 milioni l’anno, come certificato dalla Corte dei Conti. Ed è proprio sulla sanità che il presidente è stato costretto dai grillini a un’abiura. Aprire i reparti chiusi negli ospedali periferici, punire il privato, riportare nel pubblico i servizi non sanitari; insomma disfare ciò che è stato fatto negli ultimi cinque anni.

Con quali soldi? Non è scritto: perché mettere limiti alle volontà di Conte, che sarà pure professore di diritto, ma di economia non è neppure scolaro? Sempre alla voce chi lavora è un fesso, si staglia il programma per accorciare l’orario ai dipendenti pubblici, a parità di salario. Trentasei ore sono troppe; e poi, funziona già tutto così bene... Nel segno del regresso e dell’antichità, la cacciata del rigassificatore da Piombino, la progressiva chiusura degli inceneritori esistenti e il divieto di farne di nuovi, efficienti e moderni. La Toscana spende una decina di milioni l’anno per smaltire altrove i propri rifiuti, ma anziché ridurre la somma, i giani-giallo-rossi programmano di implementarla. D’altronde, l’accordo prevede la revisione integrale del piano regionale sui rifiuti. Lo stesso che il presidente ha approvato sei mesi fa, a proposito di retromarce imbarazzanti.

C’è poi un ampio capitolo dedicato all’edilizia pubblica, dove si promettono case per tutti, lavoratori studenti, famiglie, nullafacenti; con tanto di attivazione di comunità energetiche nei caseggiati, in modo da contrastare il caro bollette, produrre e rivendere quanto in eccesso. Giani e Conte nel paese delle meraviglie, considerati i cinquemila alloggi popolari sfitti perché fatiscenti. Si progettano cattedrali nel mentre non si è in grado di sostenere una palafitta. In una Regione dove il turismo costituisce il 12% del Pil e che vanta la spesa turistica complessiva più alta di tutti, con 19 miliardi di euro, i grillini si impegnano per fermare chi arriva e porta soldi, trattando i visitatori come fossero orde barbariche. Limiti agli ingressi e alla possibilità di affittare la propria casa per brevi periodi. Se c’è qualcosa che funziona, perché non metterci le mani e peggiorarla? Il grillino non sa resistere a questa tentazione; e contagia tutto il campo largo.

Ennesimo omaggio all’alleato manettaro, il patto per la legalità e la buona amministrazione. Con un tratto di penna Giani consegna il Pd all’autorità morale pentastellata. Buona fortuna. Il Pd, che a Prato ha una sindaca che si è dimessa per non essere arrestata nell’ambito di un’inchiesta per corruzione sui finanziamenti in campagna elettorale, e a Firenze ha un’altra sindaca contro cui è stato presentato un esposto sempre a tema contributi pre-voto, sottoscrive impegni alla trasparenza e alla correttezza. Forse che basta la parola per cancellare la realtà? Da ex presidente della Società Dantesca Italiana, dopo aver sottoscritto questo programma, Giani può collocarsi nel nono cerchio dell’Inferno, il più profondo e terribile, al secondo girone, quello dei traditori della patria. Pena: immerso nel ghiaccio senza possibilità di chinare il capo; lo ha già fatto abbastanza di fronte a Elly e Giuseppi.

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