L’accordo siglato tra Pd e M5S in Toscana - ventitré punti, di cui la gran parte concessioni pesantissime all’alleato (no al rigassificatore, no all’ampliamento dell’aeroporto, no alle basi Nato) - sta terremotando una situazione che, nel caos delle candidature del centrosinistra per le Regionali, sembrava quella più tranquilla. In realtà l’innesco è stato non tanto l’accordo, ma la foto a corredo che ha fatto il giro di social e siti, ossia quella tra Eugenio Giani, governatore uscente, e Paola Taverna, volto storico del Movimento, che per Conte si sta occupando degli accordi elettorali a livello locale. Un’istantanea che, come la classica goccia, ha fatto traboccare il vaso già colmo della pazienza dei riformisti. Di quelli che stanno nel Pd (e che in Toscana sono ancora la maggioranza), ma anche di quelli delle liste alleate, a partire dai militanti di Italia Viva (che in Toscana sono ancora parecchi), i quali hanno infuocato chat interne e commenti nei social, criticando l’accordo. Oltre ai militanti di Azione.
Un malumore che si è aggiunto a un problema riguardante le liste cosiddette centriste. Inizialmente, infatti, l’idea di Matteo Renzi era di fare un’unica lista di riformisti che contenesse le personalità più legate a Giani (la cosiddetta società civile), Azione, i socialisti, Più Europa e Pri. In questo modo, infatti, si evitava la concorrenza tra simili, si poteva contare sul voto di opinione, assicurato da una lista genericamente riformista, si superavano ostilità, ma nello stesso tempo si scommetteva sulla possibilità di eleggere con le preferenze i candidati più capaci di raccogliere voti (che in genere, come i precedenti hanno dimostrato, sono di Italia Viva).
I SOSPETTI
Solo che il progetto ha trovato l’ostacolo di Azione, a cui si sono aggiunti anche gli altri contraenti, da Più Europa a Pri e Socialisti, i quali hanno temuto che, dietro al progetto, si nascondesse una fregatura: offrire la copertura di una lista riformista, per poi eleggere i consiglieri di Iv. L’accordo tra Pd e M5S (che per ora è solo tra due partiti della coalizione e che, quindi, dovrà essere vagliato dagli altri alleati: mercoledì ci sarà il primo incontro del tavolo della coalizione) ha aggiunto sale sulla ferita, irritando la parte centrista del campo largo.
Vero è che l’accordo tra Pd e M5S è una vittoria di Elly Schlein. Come tutti i sondaggi hanno dimostrato, infatti, il centrosinistra in Toscana non aveva bisogno del M5S per vincere. Non si tratta, quindi, di un accordo strategico a livello regionale, quanto a livello nazionale. È un altro tassello nel disegno che Schlein persegue dappertutto in vista delle elezioni politiche: creare un centrosinistra che vada da Renzi a Fratoianni, passando per Conte. In Toscana voleva farlo cambiando anche il candidato presidente, considerato troppo vicino alla stagione renziana. Non le è riuscito, ma, in cambio, ha ottenuto questo accordo.
VOLANO GLI STRACCI
Solo che dirigenti e militanti non l’hanno presa bene. E a propaggine di questi malumori si è consumato uno scontro tra Renzi e Calenda. «Se crediamo nel bipolarismo è evidente che ci si debba alleare con compagni di strada anche lontani dalle nostre idee», ha scritto il leader di Iv nella sua enews. «Capisco chi dice: eh ma rischiamo di annacquare il profilo riformista. Di non contare dentro il centrosinistra. Sì, è un rischio reale. Ma il modo per non farsi annacquare è solo uno: prendere i voti. Lo dico a chi su Twitter annuncia sfaceli, a chi sui social promette rivoluzioni, a chi nelle chat grida il proprio disgusto. Gli equilibri della coalizione dipendono dai voti, non dalle chiacchiere». Gli ha risposto Calenda, ricordandogli che «il terzo polo ha fatto la campagna elettorale per il rigassificatore di Piombino e contro il reddito di cittadinanza. Caro Renzi siamo in Parlamento perché gli elettori hanno votato questo programma, non quello di Taverna. Ad Azione tanto basta». Preludio, dunque, di una rottura con il centrosinistra almeno in Toscana. Tanto che, dal centrodestra, sono partiti quasi subito inviti indirizzati a Calenda perché sostenga il centrodestra.