Pasquale Tridico non aveva nessuna intenzione di candidarsi alla presidenza della Regione Calabria per il campo largo delle sinistre. Le dimissioni improvvise, con immediata convocazione delle urne e ricandidatura, del governatore forzista, Roberto Occhiuto, gli hanno mandato il boccone di traverso.
Il papà del reddito di cittadinanza voleva starsene bello tranquillo altri quattro anni a Bruxelles, da europarlamentare pentastellato, di minoranza ininfluente, senza possibilità di fare danni, per una volta. Ha trasferito in Belgio perfino la famiglia, per meglio radicarsi, pronto a godersi cene a base di moules frites con l’ex sodale Luigi Di Maio, quello che «abbiamo abolito la povertà», ora rappresentante dell’Europa per il Golfo Persico.
LA SCELTA
Poi è arrivato l’ordine di Giuseppe Conte. In Calabria le grilline Vittoria Baldino e Anna Laura Orrico bisticciavano e il capo è intervenuto, scegliendo il terzo, più autorevole e noto delle due messe insieme, che però non gode, contrariamente al detto. L’avvocato del popolo non punta tanto alla vittoria, quanto a superare il Pd, grazie al nome forte in campo. È lo stesso obiettivo che si è posto in Campania e Puglia. Nel 2021 i dem hanno preso il 13% ed M5S il 6,5%, l’impresa quindi è possibile.
Tridico al Sud significa una sola cosa, reddito di cittadinanza. L’ex presidente dell’Inps, la cui somiglianza fisica con la macchietta del politico meridionale arraffone e spregiudicato, Cetto La Qualunque, inventata dall’attore Antonio Albanese, è già di per sé un programma, girerà il territorio promettendo «più picciuli per tutti». Sfascerà i conti ma sarà il punto uno, due, tre, quattro e cinque del programma del campo largo. L’unico che non ci sta è Carlo Calenda, di Azione.
Elly Schlein e Matteo Renzi invece ci stanno, neanche fossero Virginia Raggi lei e Danilo Toninelli lui. Piccolo particolare: non ci sono i soldi. Il reddito in Calabria costava 300 milioni e per finanziare un impegno del genere la Regione può attingere solo ai fondi sociali Ue, ma questi sono 120 milioni e attingervi significherebbe rinunciare a tutte le politiche attive di lavoro e di inclusione. Quindi? L’obiettivo è farlo pagare dallo Stato, chiamandolo assegno di inclusione, trattamento per i ceti deboli già attivo ma da allargare.
Secondo punto qualificante del programma sarà sabotare il Ponte sullo Stretto, obiettivo che unisce tutte le forze della coalizione. I pretesti sono tutelare l’ambiente ed evitare infiltrazioni mafiose. La prima scusa è un manifesto della sinistra anti-moderna e contraria alle opere pubbliche, la seconda comporta un’implicita rinuncia a fare qualsiasi cosa in Calabria, visto che anche la costruzione di un ospedale o di un centro per immigrati è potenzialmente passibile di infiltrazioni mafiose.
Sempre sul tasto dell’arretratezza come programma di governo è l’opposizione scontata al termovalorizzatore e ai progetti del governatore Occhiuto di costruire un rigassificatore in grado di produrre sedici miliardi di metri cubi di gas l’anno, la metà di quanto ne importavamo dalla Russia.
Malgrado la Calabria esporti ancora a sue spese i rifiuti, i grillini sono contrari all’inceneritore; e il Pd si adegua, anche per non avere problemi con Alleanza Verdi e Sinistra, alla quale ha negato di presentare un candidato governatore, malgrado si voti in sei Regioni, da aggiungersi alle cinque nelle quali si è votato nei due anni passati. M5S e dem sono geneticamente contrari ai piani di sviluppo della piana di Gioia Tauro, che potenzialmente è uno dei porti più grandi d’Europa, con si suoi 4,2 milioni di container.
Occhiuto vorrebbe un rigassificatore di terra e il trasferimento della nave rigassificatrice che la Puglia non vuole più a Taranto, e consentirebbe di produrre acciaio ecosostenibile, grazie a un forno elettrico, nonché l’installazione della piastra del freddo, che consentirebbe lo sviluppo di una grande area agro-alimentare. Un progetto per una Calabria diversa e produttiva, che si scontra con i piani giallo-verde-rossi di Calabria sussidiata per sempre.
La sanità è un’altra cartina di tornasole dei due diversi approcci. La Regione è commissariata da oltre una dozzina d’anni, dai tempi in cui il ministro Giulio Tremonti parlava di «bilanci orali», perché non erano stati messi nero su bianco. Il governatore uscente ha risanato i conti, aumentato di 2.500 unità il personale, assunto 400 medici cubani, in mancanza di camici bianchi italiani, e rammodernato quattro ospedali Sibari, Locri, Gioia Tauro e Vibo Valentia. I geni giallorossi dicono che è tutto da rifare.
MALUMORI
Da segnalare che la candidatura di Tridico a sinistra, oltre che dal diretto interessato, è stata vissuta male da tanti. I parlamentari grillini calabresi si sono sentiti svalutati e hanno il mal di pancia. Calenda ha dato ordine di non votarlo ma la mossa ha spaccato Azione, che ha due consiglieri regionali, uno dei quali non obbedirà e si candiderà in liste a sostegno del grillino, mentre l’altro deve ancora decidere. Avs, rimasta ancora a mani vuote, si lamenta e denuncia di essere vittima dell’intesa stritolatrice Pd-M5S. Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni volevano candidare l’europarlamentare Mimmo Lucano, ma essendo questi condannato non era presentabile per i Cinque Stelle. Poi ci sono i dem cosentini, più vicini a Occhiuto che a Tridico, e infastiditi dal giustizialismo pentastellato. Sono tutti politici costretti a dimettersi per inchieste per lo più finite nel nulla, come capitato all’ex governatore Mario Oliverio, tritato dalla magistratura e costretto a non ricandidarsi per i processi, archiviati solo quando l’interessato era stato archiviato politicamente. In una terra dove il destino di chi amministra è finire alla sbarra, in tanti nel Pd non gradiscono la sottomissione, tutta legata a logiche romane, di Schlein a M5S. E le urne lo riveleranno.