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D'Alema insiste: sulla Cina ho ragione io

A "Baffino" non è bastata la gita a Pechino e sbarella ancora, stavolta su La Stampa
di Francesco Storace domenica 7 settembre 2025

3' di lettura

Non gli è bastata la gita in Cina. E non lo ha impressionato (negativamente) neppure la parata in stile Mao sulla piazza Tien-An-Men. Macché, in faccia a tutte le polemiche il Baffino più noto d’Italia sbarella ancora. E ieri ha fatto il bis con un’intervista delirio a La Stampa. La rivendica quella presenza, Massimo D’Alema, perché gratta gratta riecco il vecchio comunista che non intende dismettere i panni d’arme.
Con la solita- e davvero “coerente” - arroganza che non riesce a lasciare il passo allo stile e alla verità.

Leggere D’Alema che bofonchia contro l’Occidente, accusandolo di isolare la Cina, ti fa chiedere in che pianeta stia trascorrendo la vecchiaia. Lo smemorato ha dimenticato che in testa a quella parata che ha tanto ammirato c’erano Putin e pure il nordcoreano pazzo al fianco di Xi Jinping. Antioccidentale per eccellenza finisce per diventarci proprio lui, il Conte Max. Sfrontato oltre ogni misura. Si autodefinisce «una personalità non più impegnata direttamente nell’agone politico», però si mette a rilasciare interviste alla tv di regime. E che bisogno aveva di lanciare i suoi proclami da quella piazza?

Ma la memoria di questo “sincero democratico” fa difetto anche quando dimentica persino l’ossessione su Taiwan dei suoi nuovi, rinnovati, compagni di ideologia. Leggi quell’intervista e capisci che cosa vuole dire definirla un’occasione perduta per affermare la distanza netta tra i valori democratici occidentali e gli apparati autoritari. Lui, D’Alema, sta di là. Di qua chi invece pensa, a sua differenza, che la resistenza occidentale non sia affatto inutile.

Ci si interroga: l’ex premier non comanda più a sinistra, ma la sua voce pesa eccome. Al contrario è stupefacente il silenzio del Pd. Nel Pantheon del Nazareno D’Alema c’è sicuramente, ma da quelle parti la consegna è quella del silenzio.

Tranne qualche eccezione: si rifà sentire l’ex ministro Speranza, suo devoto, per affermare che le parole del leader di sempre «meritano attenzione e non caricature». Poffarbacco. Chiedersi perché i dem tacciono - almeno quelli che contano - dovrebbe essere legittimo ed esigerebbe risposte chiare. Se permane ambiguità vuol dire che resta vivo quel sentimento diffuso ogni volta che figure politiche del passato- specialmente quelle con un legame forte con l’ex PCI - riemergono in contesti internazionali delicati come una parata militare in Cina. Quasi che la presenza di D’Alema a quel tipo di evento possa risultare indifferente. Se tacciono, vuole dire che è sempre più vero quel che molti affermano: non è vero che certi esponenti della sinistra italiana abbiano davvero reciso i legami culturali e ideologici con il comunismo. D’Alema è un personaggio che, nonostante le sue trasformazioni (Pds, Ds, Pd e persino il patetico “Articolo 1”), continua a essere percepito da alcuni come simbolo di una sinistra “dura e pura”, con simpatie storiche per l’establishment cinese o russo.

Con due conseguenze, in questo caso, entrambe negative. Per la Cina, la presenza di figure europee di spicco- anche se ex - serve a legittimare la propria narrativa. In Italia, invece, il ritorno di D’Alema in contesti del genere può apparire come una “nostalgia del passato” o, peggio ancora, una zona grigia nei rapporti internazionali italiani. Di più: «Questa volta gli europei non c’erano e proprio questa, a mio avviso, è statala scelta sbagliata. Siamo dentro una crisi del vecchio ordine mondiale, abbiamo bisogno di costruirne uno nuovo che non abbia egemonie di alcun tipo e perciò non possiamo permetterci di fare un errore: schiacciare una grande potenza come la Cina e metterla alla guida di un grande blocco anti-occidentale».

Parole di un ex presidente del Consiglio che vuole dare lezioni al mondo. Quei colossi che si uniscono in quella piazza dovrebbero spaventare anche lui. Ma sono finiti i tempi delle spedizioni del suo governo in Kosovo. Ora sta di nuovo dall’altra parte del mondo a discettare. «Se pensi di isolare il resto del mondo, finisci per isolarti», avverte senza però domandarsi se ad essere isolato non sia proprio uno come lui. La scelta delle leadership occidentali di disertare questo evento riprende D’Alema - ha finito per portare in primo piano le presenze più sgradevoli di alcuni Paesi autoritari. Un’immagine molto parziale: la celebrazione non si è ridotta a una parata militare. D’Alema è rimasto l’unico a non essersi accorto del contrario.

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