È anche un successo della presidente del consiglio, che su Francesco Acquaroli ha puntato tanto, e una sconfitta dei leader dell'opposizione. Convinti di vincere, erano stati ben felici di caricare sulle spalle di Giorgia Meloni il risultato del voto nelle Marche. Elly Schlein aveva annunciato che lì sarebbe stata data la prima spallata alla premier. Matteo Ricci aveva presentato l'accordo tra Pd, M5S e Avs come «il primo laboratorio» dell'«alleanza amplissima» destinata a governare l'Italia. L'identificazione della sua candidatura con la causa palestinese (l'ex sindaco ha dedicato a Gaza il «treno della vittoria» con cui si è spostato in campagna elettorale) aveva fatto il resto, trasformando definitivamente un voto locale in una battaglia politica dal significato molto più grande. Le Marche come l'Ohio negli Stati Uniti, lo Stato contendibile che tende ad anticipare l'andamento nazionale.
È andata che Acquaroli non solo ha rivinto, ma ha preso la maggioranza dei voti dei marchigiani, cosa che cinque anni fa non gli era riuscita. Il risultato dell'«alleanza amplissima» è stato inferiore alla somma delle percentuali prese dai candidati di Pd e M5S nel 2020. Il laboratorio ha fallito, la spallata può attendere. E ieri, commentando la batosta, Ricci ha riconosciuto che chiamare gli elettori a votare contro il governo gli è stato letale. «La mia vera avversaria probabilmente era Meloni e non Acquaroli: l'hanno capito tutti e anche nei manifesti era così. La battaglia nelle Marche ha assunto una valenza nazionale». È l'ammissione che quello della premier, dopo quasi tre anni di governo, rimane un marchio vincente. E dunque che tutto ciò che la segretaria del Pd e gli altri leader dell'opposizione dicono di male di Meloni e dell'esecutivo non è condiviso dagli elettori. Così la diretta interessata ha avuto ottimi motivi per festeggiare.
Quando il risultato è apparso sicuro, la premier ha commentato sui social network: «Francesco Acquaroli vince le elezioni regionali nelle Marche confermandosi presidente. Gli elettori hanno premiato una persona che in questi anni ha lavorato senza sosta per la sua regione ei suoi cittadini. Sono certa che continuerà nel suo impegno con la stessa passione e determinazione». Toni sobri e istituzionali, come s'impone a un capo di governo. E nessuna rivendicazione, da parte sua, di una vittoria che vada oltre i confini delle Marche. A quello provvedono altri della sua squadra. Come la ministra Eugenia Roccella, che non rinuncia alla battuta: «Da mesi la sinistra parla di “Ohio d'Italia”, di avviso di sfratto al governo. Dopo tanti proclami, si è fatta male. Da Ohio a “ahio che dolore” è stato un attimo».
A nome del partito parla Arianna, sorella della premier nonché capo della segreteria politica dei Fratelli d'Italia. Si dice «molto orgogliosa del risultato di Fdi, che ha sfondato il muro del 27%» nonostante le tante liste civiche presenti nella coalizione di Acquaroli. Quanto all'astensione – ha votato solo un marchigiano su due – secondo lei «la risposta è la riforma del premierato», che dovrebbe riportare gli elettori ai seggi. La giornata politica della premier è resa ancora migliore dal risultato della Valle d'Aosta, come sempre dominata dalle sigle autonomiste. Nella regione più piccola Fdi ha fatto un gran balzo: nel 2020 si era presentata insieme a Forza Italia, in una lista che otteneva solo il 5,7% e restò fuori dal Consiglio regionale; stavolta il partito di Meloni ha corso da solo e ha raccolto l'11% dei suffragi.
L'autunno elettorale inizia così con il superamento dello scoglio peggiore da parte della premier e del governo. Le Marche erano l'unica, tra le regioni al voto in questa tornata, che la sinistra poteva realisticamente pensare di strappare agli avversari. Difficile credere che le urne dei prossimi appuntamenti regalino sorprese. A partire da quelle della Calabria, dove si voterà domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Il candidato del centrodestra, Roberto Occhiuto, ha il vento in poppa e la fiducia in una sua vittoria è alta.
Giorgia Meloni oggi sarà a Lamezia Terme per dargli la spinta finale, in compagnia dei vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, e di Maurizio Lupi e Antonio De Poli, segretari di Noi Moderati e Udc. Se la cronaca internazionale non riserverà sorprese, sarà anche l'occasione perfetta per il vertice di maggioranza che dovrebbe mettere il sigillo alle candidature nelle prossime Regioni chiamate al voto.
Prima di Acquaroli aveva vinto la conferma il governatore d'Abruzzo, Marco Marsilio, anche lui di Fdi: forte di questa accoppiata e dell'indipendente di destra Francesco Rocca nel Lazio, il partito della premier ha un motivo in meno per reclamare il Veneto, dove si voterà il 23 e 24 novembre. Ieri Tajani ha detto che se «si sceglie un candidato della Lega va benissimo, perché la Lega in Veneto ha molti consensi». Tutto spinge in questa direzione, l'affermazione di Acquaroli nelle Marche rende l'accordo più semplice. «A questo punto i leader devono solo ratificarlo», spiegava ieri sera chi, nella maggioranza, segue da mesi la trattativa.