Vedovi e vedove di guerra. «Non piangere perché è finito», diceva Gabriel García Márquez, «sorridi perché è successo». In Italia politici e intellighenzia di sinistra si disperano perché la guerra in Medio Oriente è sospesa – speriamo terminata – e non sorridono affatto dopo che quel farabuttone di Trump ce l’ha fatta. Anzi. Le anime belle friggono. I fegati esplodono, chiamate un gastroenterologo. Solo uno? Un intero reparto! I buoni non si rassegnano: e ora come le contestiamo le “destre-destre”? Riattacchiamo col fascismo? Non so, compagni, non ha portato bene. Ci riproviamo con la torsione autoritaria? E però a settembre ci sono stati sessantasei scioperi, come facciamo a dire che il “decreto sicurezza” ci reprime? Vabbè intanto diciamo che il merito del cessate il fuoco è della Flotilla. Già, lo pensano davvero. È un successo dell’ex piccola Greta e dell’eurodeputata Scuderi – ormai una celebrità nel firmamento della Bonelli&Fratoianni – privata dagli israeliani della crema solare. Argh, corpo di mille Nivea!
A Milano Pd e Verdi hanno proposto che i crocieristi per Gaza vengano insigniti dell’Ambrogino d’oro, premio che il Comune assegna il 7 dicembre per la ricorrenza del Santo. Promotori della pensata, sarebbe ingeneroso ometterli, la capogruppo dem Beatrice Uguccioni e il consigliere rossoverde Carlo Monguzzi. Inviteranno Massimo Giannini? Chissà.
Intanto il maître à penser dagli ascolti minimi – sul Nove il suo “Circo Massimo” ha esordito con l’1,5% di share, doppiato da “Quattro ristoranti” – Giannini dicevamo schiuma su Repubblica. Scrive che il merito della pace è del popolo, della gente che ha «manifestato in modo non violento (capito? Non violento, ndr), ha gridato “basta alla strage” (...) Spiace», aggiunge l’ex direttore della Stampa, «per gli accidiosi cacadubbi che scimmiottando molto al ribasso il Berlinguer in pantofole e giacca da camera ritratto da Forattini mal sopportano il frastuono dei cortei». Qualcuno porti a Giannini un potente antiacido: «Spiace per la Meloni che balbetta frasi senza senso tipo “la pace si costruisce, non si invoca”. Se sulla Palestina si è svegliata dal suo torpore, dopo aver sonnecchiato per non irritare il “paparino” di Mar-a-Lago e il falco di Tel-Aviv, il merito è delle proteste pacifiche». Oh, sia chiaro, pa-ci-fi-che, e che nessuno s’inventi la balla che migliaia di disadattati hanno omaggiato la strage del 7 ottobre. Poi Giannini cita l’uomo in rivolta, ma quello di Camus, non Landini.
Arrivano i rinforzi: «Altro che Nobel», twitta il giornalista Luca Telese, «quello che reggeva il sacco agli sterminatori ha imposto il cessare il fuoco agli sterminatori. Non è uno straordinario merito, non è neanche un ravvedimento provvidenziale: è un minimo sindacale imposto dalla enorme mobilitazione internazionale delle opinioni pubbliche». Mi raccomando: non nominategli Hamas, s’incazza.
Irrompe Angelo Bonelli il quale ci fa rimpiangere i tempi in cui brandiva in parlamento i sassi dell’Adige e discettava sulla brevità delle sue docce per difendere il pianeta: «Considero un grave errore non liberare Barghouti, l’unica figura oggi in grado di unire il popolo palestinese in un percorso politico, pacifico e democratico». Ci sarebbe il dettaglio delle cinque condanne all’ergastolo come mandante della Brigata dei Martiri di al-Aqsa, ma non destate l’arruffatissimo Kissinger.
Tenetevi forte, è il turno dell’intellettuale Ginevra Bompiani, che nelle violenze di piazza scorge ombre nere: «Si vedono ore di manifestazioni pacifiche canore, finché dura il giorno...». In effetti tra spranghe e pietre abbiamo udito: “Quel mazzolin di fiori”, “Una lacrima sul viso”, “Cosa hai messo nel caffè”, “Una carezza in un pugno” e “Finché la barca va”, in omaggio ai flottanti. «Poi arriva la sera e spuntano, li ho visti, spuntano dei ragazzi col fazzoletto». Sono raffreddati? No. «Cominciamo a buttare candelotti in mezzo». Da dove arrivano? «Non lo so, non lo può sapere neanche la polizia che non li ha mai arrestati, stranamente». Nello studio di “Farwest”, su Rai3, il direttore del Tempo, Tommaso Cerno, chiede spiegazioni su quello «stranamente».
Già, chili ha mandati quelli col fazzoletto? «Non lo so», spiega l’intellettuale, «potrebbero essere degli infiltrati, delle persone che consapevolmente o inconsapevolmente fanno il gioco e l’interesse del governo e della destra». Tutto chiaro, no?
Torniamo ai politici. L’ex ministro dem della Giustizia, Andrea Orlando, rilancia: «Il governo sottolinea che i negoziati non sono merito delle manifestazioni, pensano di nascondere la loro irrilevanza e convincere i giovani a non partecipare alla vita pubblica», quella in cui si mena la polizia.
È dell’intellighenzia rossa pure il professor Filippo Barbera, il quale alla vigilia degli scioperi del 2 ottobre era in giuggiole: «Blocchiamo tutto. Domani devo andare da Torino in Friuli, in treno. Ah che disagio lo sciopero generale! Ebbene spero di essere bloccato. E se così sarà scenderò sui binari coi manifestanti». Oggi su X affianca le immagini di Sandro Pertini e del pluriergastolano e scrive: «Non solo Barghouti dev’essere liberato, ma rappresentare la Palestina al tavolo delle trattative...
come i partigiani prima di lui. Perché la sua funzione storica e il ruolo sono gli stessi». (Anche) questo insegna all’Università.