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Elly Schlein vince in Toscana e inizia a dare i numeri

Il candidato inviso a Pd e M5s centra il bis e la leader del Pd si monta la testa: "Siamo davanti alle destre". Peccato però che siano stati confermati i soliti dati
di Pietro Senaldi martedì 14 ottobre 2025

4' di lettura

È finita come si sapeva. Eugenio Giani il renziano, l’uomo che la segretaria del Pd non voleva assolutamente e i grillini hanno cercato in ogni modo di non far candidare, è stato confermato presidente della Toscana con il 53,9% dei voti, quasi sei punti più di cinque anni fa, a dimostrazione di quanto ne capisce la coppia Elly-Giuseppi. Non c’era partita nella Regione rossa. Però Alessandro Tomasi, il candidato del centrodestra, uno degli ex ragazzi di Atreju di Giorgia Meloni, non è andato poi male: è riuscito a mettere il “4” davanti, fermandosi al 40,8%, pochi decimi di punto sopra la leghista Susanna Ceccardi, che cinque anni fasi era candidata con il vento in poppa del boom leghista. È un risultato che deve far riflettere il centrodestra. Il sindaco di Pistoia infatti è stato indicato troppo tardi, benché da mesi si sapesse tra gli addetti ai lavori che sarebbe toccato a lui e non ha avuto il tempo sufficiente per farsi conoscere. Nella sua città, che ben amministra, Tomasi è infatti molto apprezzato, ma si tratta pur sempre di un Comune di novantamila abitanti in una terra che ne fa tre milioni e 660mila e che di campanili ne conta parecchi e di pregio. Gli sarebbe servito più tempo per farsi conoscere a tutti.

Nel centrodestra la notizia è che Fratelli d’Italia ha fatto il vuoto, superando il 26%, e che Forza Italia è il secondo partito della coalizione, ma venti punti indietro, anche se in crescita del 2% rispetto a cinque anni fa. E poi c’è la notiziona: la Lega appaltata nella Regione a Vannacci non funziona, si ferma sotto il 5%. L’interessato ammette cavallerescamente la sconfitta: «Quando il popolo si esprime, ha sempre ragione». Ma la sinistra non gli rende l’onore delle armi infierisce: «Il generale non ha colto lo spirito dei toscani». Elly Schlein addirittura si augura che il partito continui a puntare su di lui. E in effetti la Lega si chiede se l’autore del “Mondo al contrario”, le abbia tolto voti anziché portarglieli. Ceccardi, aveva insinuato il dubbio, tanto da costringere Salvini a settembre a mettere sull’attenti il generale con un perentorio «basta con la X Mas, non ci porta da nessuna parte». In una terra rossa più del Chianti a fare festa è il Pd, che si conferma oltre il 35% malgrado non sia riuscito a esprimere il candidato della segretaria, il sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi. Contro di lui, e di lei, Giani aveva sollecitato una rivolta in suo favore degli amministratori toscani, riuscendo a spuntarla.

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Però la maretta non ha fatto male ai dem. Chi invece ha picchiato la testa è Giuseppe Conte, che inizia a grattarsi il bernoccolo chiedendosi quanto sia un affare per lui il campo largo testardamente voluto da Schlein. Tre indizi fanno una prova. Nelle Marche, M5S si è turato il naso per sostenere l’indagato per concorso in corruzione Matteo Ricci e si è fermato al 5%. In Calabria, dove esprimevano il candidato, in teoria uno di peso, il papà del reddito di cittadinanza, Pasquale Tridico, i grillini hanno superato di poco il 6%. In Toscana, dove cinque anni fa, con una candidatura solitaria, era arrivata al 7%, Cinquestelle si è piallata al 4,5%. Se l’avvocato del popolo, anziché un leguleio, fosse un matematico o quantomeno un ragioniere, inizierebbe a farsi i conti e a domandarsi se è davvero lui, come tutti gli dicono, che sta fregando Schlein o non è per caso il contrario. In ogni caso il leader di M5S è scosso; non sembra lui, riconosce perfino la debacle: «Questo risultato è figlio di un percorso sofferto, siamo comunque lieti di aver contribuito alla vittoria», si rammarica, sapendo fin troppo bene che metà dei suoi non è andato a votare perché non voleva sostenere un candidato renziano. In realtà poi il contributo è stato inutile e Giani concederà a M5S un assessore solo perché l’alleanza del campo largo lo esige.

Se la ride Matteo Renzi, che giocava in casa e incassa il premio dell’ennesima furbata: «Siamo sulla strada giusta, la Casa Riformista è la terza forza della Regione», si vanta, glissando sul fatto che l’8% è stato superato di slancio grazie all’escamotage della fusione con la lista del presidente, il quale è di buon animo e in più si sente in debito con il rottamatore e quindi ha acconsentito. In realtà il risultato è solo di un punto superiore a quello fatto nel 2020 dalla somma di Italia Viva e Lista Giani, ma guai a eccepire qualcosa all’ex premier. A dimostrazione che la Toscana resta terra ideologica e con il pugno chiuso è il risultato di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha superato nettamente M5S. Grazie ai nomi buoni in lista, spiegano gli addetti ai lavori, ma i frutti buoni si colgono dove il campo è ricco e numeroso. Dal primo tempo delle Regionali d’autunno ai grillini arriva un chiaro messaggio: nel campo largo non saranno mai forza trainante. Ne arriva uno anche al Pd: la scelta è se provare a costruire qualcosa a sinistra, senza M5S, o tentare di vincere senza poi riuscire a fare nulla, con Conte.

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