Con un possibile nuovo editore ellenico che bussa alle porte di Repubblica, voi potreste immaginarvi un Massimo Giannini diligentemente impegnato nel ripasso di greco: lingua e letteratura, storia e filosofia.
E invece no: Aristotele, scansati. Basta con questo principio di non contraddizione! E così, nella sua articolessa di ieri su Rep (sette -ottomila battute fitte fitte, che si prendono tremendamente sul serio), Giannini parte subito alla grande sfidando la logica: si erge a difesa della libertà di informazione in pericolo, del bene sacro della libertà di stampa, ma già alla terza riga bolla quelli che non la pensano come lui come «opinionisti benpensanti e servi salmodianti». Quindi capite l’aria che tira: se sei con lui e gli amici suoi, allora sei un uomo libero; altrimenti sei un “fijo de na mignotta” (variante: “gran fijo ecc ecc”). Ecco: questo è lo schema, l’architettura concettuale ed etica (si sa: a Rep sono anche maestri di morale) con cui dobbiamo confrontarci.
Presa la rincorsa, Massimo non si ferma più: gran difesa della povera Elly Schlein, dito puntato contro la perfida Giorgia Meloni, citazione di Gramsci (che, per evidenti ragioni, non può difendersi) sul «sovversivismo delle classi dirigenti». E fin qui siamo alle solite: prosa pomposa e noiosa, aria da predicatore infervorato, banalità assortite sulla «regressione civile», sulle «contaminazioni barbariche del linguaggio», sul rischio «dell’uomo o della donna forte».
E la Resistenza, direte voi? Possibile che Giannini se ne sia scordato? Ma no, state tranquilli. Se gli sbadigli non vi hanno fatto assopire, arriva all’inizio dell’ultima colonna di piombo: «I principi sui quali abbiamo costruito la casa comune grazie alla Resistenza antifascista». Alé, cartellino timbrato anche oggi.
Ma occhio che ora arriva la parte più spettacolare della performance, quella in cui- autoelevatosi a maestro di liberalismo - Giannini vi spiega (bifolchi che siete, orrendi sovranisti, spregevoli populisti) cosa sia “illiberale”. Siete pronti? Nell’elenco figurano tante cose e ne isolerò le principali. «È illiberale la riforma dell’elezione diretta del premier».
Ah sì? Quindi tutti i paesi che eleggono il primo ministro oppure un Presidente della Repubblica per via popolare diretta non sarebbero liberali? Fantastico. Ancora. «È illiberale la riforma della giustizia, con una separazione delle carriere tra giudici e pm funzionale solo all’obiettivo di riportare la magistratura sotto il tallone della politica».
Ah sì? Quindi sarebbero in questa deprecabile condizione tutti i paesi dell’Occidente avanzato, dagli Usa al Regno Unito, dalla Francia alla Germania? Tutti piduisti? Tutti asserviti ai diabolici piani di Licio Gelli (in molti casi, da decenni prima?). Anche Giovanni Falcone, non contrario alla separazione delle carriere, voleva dunque la sottomissione dei magistrati? E pure l’ex segretario del Pd Maurizio Martina, in una mozione congressuale del 2019?
E così, nella furia, viene travolto di tutto e di più: «Illiberale» il decreto sicurezza, «illiberale» il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare (massì, meglio lo sputtanamento dei presunti innocenti), «illiberale» un altro elenco di misure vecchie e nuove.
Ci sarebbero dei piccoli dettagli: e cioè che si tratta quasi sempre di proposte messe nei programmi di governo, approvate dagli elettori, e ora in via di realizzazione da parte di un governo scelto dai cittadini, diversamente dagli esecutivi che per undici lunghi anni sono stati messi in campo (nel silenzio, anzi tra gli applausi di Rep) senza una indicazione popolare.
Ma queste cose non ditele a Giannini. Semmai c’è da investire del problema la benemerita Enciclopedia Treccani affinché riveda la voce “fascismo”. Osiamo da qui proporre una riformulazione: “Fascismo: quando non si fa ciò che vuole Massimo Giannini e/o il Pd”. Va ovviamente chiarita meglio anche la definizione di “fascista”: “Persona che non è d’accordo con Massimo Giannini e/o con il Pd”. Chiaro, no?