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Il weekend lungo fa bene solo a Landini

Un inconveniente diventato abituale, al quale Landini si illude di potere credibilmente rispondere facendo l’offeso a nome di chi sciopera perdendo la paga di giornata
di Francesco Damato domenica 9 novembre 2025

3' di lettura

Il venerdì dello sciopero generale del 12 dicembre prossimo non ha solo l’inconveniente, chiamiamolo così, lamentato dalla premier Giorgia Meloni, fra le proteste del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, di precedere il sabato e di allungare così il ponte di fine settimana. Un inconveniente diventato abituale, al quale Landini si illude di potere credibilmente rispondere facendo l’offeso a nome di chi sciopera perdendo la paga di giornata. Che è certamente un sacrificio, per carità, ma evidentemente sempre più sofferto e difficile da ottenere se occorre incentivarlo in quel modo, o facendo cadere lo sciopero di lunedì, sempre con l’effetto di allungare il ponte di turno. E ciò senza che nessuno ne contesti mai i conti e i costi per non sentirsi accusato di fascismo ed eversione per la tutela costituzionale del diritto di sciopero. Condizionato tuttavia al rispetto di una legge ordinaria prevista dalla stessa Costituzione ma che il segretario generale della Cgil ha recentemente rivendicato il diritto di non rispettare. O ha contestato chi ne pretendeva l’applicazione nell’esercizio delle funzioni di garanzia affidatagli.

Il venerdì, ripeto, dello sciopero del 12 dicembre prossimo ha anche l’inconveniente di cadere nel 56.mo anniversario di un altro venerdi. È quello in cui nacque o esplose, come preferite, la cosiddetta strategia della tensione con una bomba nella sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura, qui a Milano, in cui persero la vita 17 persone e rimasero ferite 88. Fu una strategia della tensione perseguita col terrorismo, prima nero e poi rosso, finalizzato a destabilizzare il Paese e i suoi governi di turno: da quello presieduto nel 1969 dal democristiano Mariano Rumor a quelli che lo seguirono. Compresi i due governi monocolori democristiani di Giulio Andreotti appoggiati esternamente dal partito comunista di Enrico Berlinguer con una maggioranza denominata di “solidarietà nazionale”. Il cui regista, regolo o come altro vogliamo o possiamo ancora definirlo, fu il presidente della stessa Dc Aldo Moro, sequestrato quasi sotto casa nel 1978 fra il sangue della scorta e ucciso pure lui dopo 55 giorni di prigionia in un covo gestito, fra gli altri, da una donna spentasi in libertà proprio in questi giorni. Vengono i brividi solo a scriverne.


Ora viviamo, con gli scioperi di venerdì generosamente ricordati solo per questo dalla premier, una stagione di tensione sociale. Sociale da sindacato, per fortuna non unitario perché Landini è riuscito con la sua Cgil ad assumerne guida e gestione sostanzialmente esclusive. Ma mi chiedo con la malizia un po’ connaturata alla professione giornalistica, e con l’esperienza purtroppo accumulata assistendo e raccontando eventi come quelli del 12 dicembre 1969, preceduto peraltro anch’esso da uno sciopero generale, e mesi ed anni successivi, se e sino a quando rimarrà una tensione sociale.


Di quest’ultima Landini si è recentemente e imprudentemente vantato perseguendo un rivolgimento, o qualcosa di simile. E con ciò mettendosi di fatto, consapevole o a sua insaputa poco importa, in gara nella corsa alla leadership del campo a grandezza variabile dell’alternativa al centrodestra avvertito e vissuto a sinistra come un permanente attentato alla democrazia. Una corsa alla quale partecipano o si iscrivono di giorno in giorno, o si lasciano iscrivere da cronache, retroscena e simili, la segretaria del Pd Elly Schlein, l’ex presidente del Consiglio a 5 Stelle Giuseppe Conte, la sindaca di Genova Silvia Salis, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il sindaco di Milano Beppe Sala, l’assessore capitolino Alessandro Onorato, della scuderia quasi personale di Goffredo Bettini, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini altri ancora ai quali faccio il torto di non nominarli per difetto di memoria, scusandomene con i lettori e i diretti interessati.

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