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Giuseppe Conte, come una "seduta spiritica": il retroscena sul grillino

di Francesco Damato mercoledì 26 novembre 2025

3' di lettura

Giuseppe Conte si è affrettato a festeggiare la vittoria del “suo” Roberto Fico, il Sandokan della Campania con gozzo a motore che, già affacciatosi, irromperà da nuovo governatore regionale - vedrete - nei presepi di via San Gregorio Armeno a Napoli.

Ma in Campania, credete a me che la conosco molto familiarmente pur essendo un pugliese come Conte, tutto ciò che appare non è. Commedie e tragedie si intrecciano, come luci e ombre, carezze e schiaffi, inchini e sgambetti, affari e fregature, eccitazione e depressione, miserie e nobiltà. Pure l’aritmetica a Napoli è spesso opinione e non di più. Non datemi del razzista, per favore, perché i campani con tutte le loro contraddizioni mi rimangono simpatici come tutti i personaggi del teatro di Eduardo De Filippo.

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CHE VUOI FARCI?
Se il partito comunista, con le minuscole ormai d’obbligo per com’è finito, ci fosse ancora e Roberto Fico ne fosse un iscritto, militante, dirigente al telefono con Palmiro Togliatti anziché Conte, si sentirebbe chiedere come Giancarlo Pajetta a Milano dopo avere conquistato la Prefettura ai suoi tempi che cosa penserà mai di fare del suo governatorato. Dovendo lui governare, appunto, col Pd della Schlein ma anche di Vincenzo De Luca, il cui figlio peraltro regge la segreteria regionale del Nazareno. E con la Dc mai morta nel cervello e nel cuore dell’attuale sindaco di Benevento Clemente Mastella e famiglia.

Una famiglia grande quanto un partito, sopravvissuta anche alla caccia spietata mossagli dalla magistratura proprio nel momento in cui il capo era al massimo simbolico e pratico del potere come ministro della Giustizia del secondo e ultimo governo di Romano Prodi. Ultimo anche a causa di quella guerra poi perduta dalla magistratura, ma troppo tardi.

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I RISCHI PER ROBERTO
Per la eterogeneità della coalizione che si è formata attorno a lui, per la larghezza di un campo al cui solo nome aggettivato peraltro Conte reagisce male, quasi come lo sceriffo portando la mano sulla custodia della pistola, mostrando di provare più diffidenza che fiducia, il governatorato campano di Fico andrà assaggiato per valutarlo. Come il budino.

Ancor più del governatorato di Antonio Decaro in Puglia, l’altra regione che la sinistra è riuscita a conservare, su basi però più solide, nel finale di questo turno di votazioni regionali scambiato un po’ troppo generosamente, diciamo così, dalle cronache politiche per qualcosa di simile addirittura alle elezioni americane di medio termine. Nell’altra regione del turno, il Veneto rimasto saldamente di centrodestra, la sinistra ha potuto solo restare alla finestra.

Per i loro pur problematici riflessi nazionali, peraltro già ridotti dall’assenteismo ulteriormente cresciuto, i risultati del voto campano possono solo gonfiare le ambizioni virtuali - non di più - di Conte come candidato all’improbabile ritorno a Palazzo Chigi se e quando la guida del governo nazionale potrà tornare ad essere realmente contendibile. Siamo francamente più alle prese con una seduta spiritica, neppure di memoria drammaticamente prodiana ai tempi del sequestro di Aldo Moro, che ad una rassegna dell’orizzonte col binocolo che il mio compianto amico Giampa- Giampaolo Pansa per i suoi tantissimi lettori di ogni colore politico - usava per seguire congressi e altre assemblee di partiti e correnti capendone volti e aree che tiravano. E farci poi appassionare e divertire, restando sempre con i piedi per terra. Non per aria come si rischia adesso. Due anni o addirittura un po’ meno per eventuali anticipi tecnici o tattici rispetto alla scadenza ordinaria di questa legislatura di centrodestra, sono ben lunghi da trascorrere.

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