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Pandemia, l'ex pm inguaia Conte e Speranza

di Francesco Storace venerdì 28 novembre 2025

3' di lettura

È il magistrato che indagò a denunciare la responsabilità di Giuseppe Conte e Roberto Speranza sulla diffusione del Covid. L’allora premier, con il suo ministro della salute, sono stati indicati come quelli che sottovalutarono la pandemia al suo inizio. Affermazioni che faranno rumore. Sapevano, ma fecero ben poco. È stato Antonio Chiappani, all’epoca procuratore capo della Repubblica a Bergamo a far drizzare le orecchie ai componenti della commissione istituita per far luce su che cosa accadde in Italia in quegli anni drammatici. Con parole chiarissime: «Il governo Conte II fu avvisato della progressione esponenziale del Covid nella Bergamasca già nel febbraio 2020». A Palazzo Chigi e al Ministero della Salute avevano dunque ben chiara la situazione, eppure non avevano predisposto alcun intervento: non avevano istituito la zona rossa, anzi continuavano in quel periodo a sottovalutare l’entità del virus invitando i cittadini a fare aperitivi e ad “abbracciare un cinese”. Detto dal magistrato suscita davvero inquietudine.

Perché è una ricostruzione che smentisce quanto dichiarato finora da Conte e Speranza riguardo alle tempistiche con cui sarebbero stati avvisati della gravità della situazione. E ad infierire sui due è la deputata Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia nella commissione. «Avrebbero dovuto chiudere prima e soltanto un territorio limitato, invece hanno chiuso tutta l’Italia e tardivamente».
E aggiunge: «Questa loro inerzia, come accertato dalla procura di Bergamo, potrebbe aver inciso sulla eccessiva mortalità». Accuse pesantissime, dunque, che potrebbero aprire uno scontro politico sulle responsabilità di allora. Che del resto non è di oggi. Fratelli d’Italia da tempo accusa il leader pentastellato e Speranza per quanto si fece (e non si fece) al tempo della pandemia, e in particolare non appena fece capolino nel nostro Paese. Ci fu la sensazione di approssimazione e superficialità e ora lo sostiene anche l’ex procuratore di Bergamo. In sostanza, si afferma che il governo Conte-Speranza ignorò richiami scientifici e proposte di misure preventive.

Si ignorò anzitutto il piano pandemico - e persino senza mai aggiornarlo - redatto e approvato nel 2006. Poi, in particolare, i dubbi manifestati anche in commissione sono sul dossier redatto all’epoca da un tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui l’Italia- primo Paese europeo colpito pesantemente - era già in condizione di adottare misure serie. Quel rapporto però, secondo gli auditi, sarebbe stato bloccato da Speranza al Ministero della Salute. Fdi ha anche contestato le forniture gestite dall’esecutivo: si ipotizza che molte mascherine importate fossero «non idonee», con marchio Ce contraffatto, «pericolose per la salute» e pagate «molto più del valore reale». In questo quadro - secondo quanto finora affermato da Fdi - l’emergenza fu gestita male, «in ritardo», con decisioni confuse, fra omissioni e rapidi cambiamenti: il lockdown totale del marzo 2020 sarebbe arrivato quando ormai il virus si era già diffuso molto. Sono questioni sulle quali sia Conte che Speranza farebbero bene ad offrire chiarimenti, anche per chiarire che cosa determinò le misure adottate e le restrizioni imposte con pesantissime conseguenze economiche e sociali. Insomma, c’è necessità di trasparenza totale, per accertare le responsabilità politiche e- nel caso- quelle penali/erariali di chi ha governato all’epoca. 

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