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Open Arms, Bonelli rosica e Orban lo stende

giovedì 18 dicembre 2025
Open Arms, Bonelli rosica e Orban lo stende

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Angelo Bonelli si arrende, anche se si strugge: «Noi le sentenze le rispettiamo sempre. Ora la destra non potrà più sostenere che esista una magistratura “rossa” o politicizzata». C’è il dettaglio che il processo a carico di Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona, non sarebbe mai dovuto iniziare.

L’ambientalista è verde dall’imbarazzo: «L’autonomia e l’indipendenza della magistratura vanno salvaguardate in ogni momento, sono una garanzia fondamentale della nostra democrazia. Esattamente il contrario di ciò che fa questo governo, che quando le sentenze non gli piacciono attacca i magistrati accusandoli di essere politicizzati, com’è avvenuto ancora oggi in aula per bocca della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Resta però fermo», aggiunge Bonelli, «il nostro giudizio politico sull’operato di Salvini, che è e rimane negativo: ha usato i migranti come strumento di propaganda e consenso elettorale, non per difendere i confini dell’Italia».

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Bonelli è stato l’unico a sinistra a commentare l’assoluzione definitiva di Salvini dal processo Open Arms. Tutti quelli che per anni hanno sbraitato e sperato nella condanna del vicepremier, allora ministro dell’Interno, non hanno trovato il coraggio di dire una parola. Che fine ha fatto Elly Schlein? Qualcuno ha notizie di Giuseppe Conte, il quale finché governava con la Lega rivendicava i “decreti sicurezza” e passato a governare col Pd li ha stracciati? Niente, silenzio fino all’ultimo dei peones.

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Dall’estero invece arriva una dichiarazione che è sale sulle ferite dei progressisti. Su X ecco il commento di Viktor Orbán, primo ministro ungherese: «Assolto: la giustizia ha prevalso! Il mio caro amico patriota Matteo Salvini è stato oggetto di una caccia alle streghe politica per cinque anni, sotto processo per aver bloccato uno sbarco illegale in Italia. Cinque lunghi anni di procedimenti giudiziari hanno dimostrato una cosa: difendere i confini del proprio Paese non è un reato!».