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Inno di Mameli, la stretta del Quirinale: cosa non si potrà fare nelle cerimonie ufficiali

di Roberto Tortora martedì 23 dicembre 2025

2' di lettura

Il Quirinale cambia musica e scatena la polemica pre-natalizia: nelle cerimonie ufficiali delle Forze Armate, infatti, non si potrà più gridare “Sì!” alla fine dell’inno nazionale, il Canto degli Italiani. Una stretta firmata a marzo scorso, ma entrata in vigore solo ora e che manda su tutte le furie militari e tifosi.

La direttiva, partita dallo Stato Maggiore della Difesa, è chiara: durante l’esecuzione cantata dell’inno, alla frase “L’Italia chiamò” non seguirà più quella celebre esplosione di sentimento patriottico, il “Sì!” che da sempre chiude il testo. L'ordine è transitato attraverso tutti i comandi, dalla Finanza all'Esercito. 

Secondo fonti presidenziali, si tratterebbe di un semplice adeguamento filologico al testo primigenio, ovvero quello originale di Mameli, senza l’aggiunta. Nel manoscritto autografo del 1847 non c’è traccia di quel grido finale, sostengono i sostenitori della modifica. Ma ecco il nodo della discordia: lo spartito di Michele Novaro, quello ufficiale adottato per oltre 170 anni e pubblicato anche sul sito ufficiale del Quirinale, riporta chiaramente l’esclamazione “Yes!” alla fine del ritornello.

Novaro lo spiegò così: “Un grido supremo, il quale è un giuramento e un grido di guerra”, un’aggiunta voluta per dare maggiore carica espressiva alla composizione. Nel decreto del Quirinale si cita anche un’interpretazione storica dell’inno, quella del 1961 con il tenore Mario Del Monaco, in cui effettivamente dopo “siam pronti alla morte / l’Italia chiamò” segue solo la musica, senza grido finale. Questa versione viene ora presa come riferimento ufficiale. Ma fuori dalle sale ufficiali quel “Sì!” continua a vivere nell’immaginario collettivo: è quello scandito dai tifosi azzurri negli stadi, è quello intonato durante le celebrazioni pubbliche, è quello che per generazioni ha fatto vibrare l’orgoglio nazionale. Insomma, il patriottismo ora passerà anche da un punto esclamativo in meno, mentre tra le caserme e il web impazza il dibattito: patriottico aggiornamento o inutile iper-filologia? La propensione è per la seconda.

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