Per i legali di Hannoun, il presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia al centro dell’inchiesta per i presunti finanziamenti ad Hamas, le accuse sarebbero costruite su «elementi forniti da Israele». Quindi, secondo quanto vanno sostenendo i difensori dell’architetto, si tratterebbe di un complotto internazionale. Un classico, insomma.
Tanto che per gli avvocati Dario Rossi, Fabio Sommavigo e Emanuele Tambuscio, legali di Mohammad Hannoun, «quel che ci pare emergere dalla prima lettura degli atti è che l’impostazione accusatoria è largamente costruita su elementi probatori e valutazioni, anche giuridiche, di fonte israeliana, senza che sia possibile un reale e approfondito controllo su contenuti e rispetto dei principi costituzionali, convenzionali e codicistici di formazione della prova». I difensori di Hannoun, arrestato insieme ad altre otto persone con l’accusa di finanziare Hamas nell’ambito dell’inchiesta della procura di Genova e della procura nazionale antimafia e antiterrorismo, sostengono anche che «le modalità di utilizzo nel nostro procedimento paiono, per usare un eufemismo, semplificate oltre ogni limite. Domani (oggi, ndr) riusciremo a parlare con il nostro assistito in carcere e ad avere un quadro più preciso anche delle vicende rappresentate». «Il rischio», proseguono gli avvocati, «piuttosto evidente è che azioni concrete di solidarietà alla popolazione palestinese martoriata siano, di per se, solo interpretate come azioni di sostegno, o addirittura di partecipazione, ad attività terroristiche, ammesso che tale qualificazione possa ritenersi, e in che misura, corretta», concludono i Legali.
Tra gli indagati, giova ricordarlo, ci sono anche i familiari di Hannoun, la moglie e due figli, e secondo gli investigatori della Digos e della Guardia di finanza sarebbero stati consapevoli della destinazione reale dei fondi raccolti e che, almeno nel caso dei figli, avrebbero in qualche occasione tenuto contatti o trasportato il denaro. Gli interrogatori di garanzia davanti alla gip Silvia Carpanini dei sette arrestati - due sono latitanti, uno sarebbe in Turchia e l'altro a Gaza- non sono stati ancora fissati ma si svolgeranno probabilmente a partire dalla giornata di martedì in videocollegamento ad eccezione di quello di Hannoun , unico ad essere detenuto nel carcere genovese di Marassi, che si terrà in presenza.
Nel frattempo a Milano, dove le associazioni palestinesi sono scese in piazza tutti i sabato pomeriggio per solidarizzare con la popolazione di Gaza, regna un apparente calma. Davanti alla sede della Cupola d’Oro, un’anonima vetrina di via Venini, nel cuore del quartiere di Nolo, considerato il centro di raccolta dei fondi per Hamas, nessun assembramento o presidio, ma tante bandiere palestinesi appese ai balconi, quasi a voler marcare il territorio. Sui social, invece, centri sociali e collettivi di sinistra, oltre a solidarizzare con Hannoun, lanciano nuove azioni. «Milano non è e non potrà mai essere un covo di terroristi palestinesi», chiosa il deputato di Fdi, Riccardo De Corato.