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Nuova terapia 'breakthrough'per il carcinoma epatocellulare

Contro questo tumore maligno molto aggressivo, l’associazione in prima linea di atezolizumabe bevacizumab ha ottenuto risultati eccellenti, tanto da meritarsi la designazione della Fda
di Maria Rita Montebelli domenica 29 luglio 2018

2' di lettura

L’americana Food and drug administration (Fda) ha accordato la designazione di terapia breakthrough ad atezolizumab in associazione a bevacizumab come trattamento iniziale per i soggetti affetti da carcinoma epatocellulare (Hcc) avanzato o metastatico. Questo annuncio proviene da Roche, azienda da sempre fortemente impegnata sul fronte dell’oncologia, e se ne capisce la grande importanza considerando i dati sul tumore del fegato e sull’Hcc in particolare: il cancro del fegato costituisce la seconda causa più comune di morte per cancro al mondo e l’Hcc rappresenta la neoplasia maligna primitiva del fegato più diffusa. Globalmente, l’Hcc è il quinto tumore più frequente negli uomini e il settimo nelle donne, con oltre mezzo milione di nuovi casi diagnosticati all’anno. “Il carcinoma epatocellulare è un tumore maligno aggressivo per il quale esistono opzioni terapeutiche limitate e che costituisce una delle principali cause di morte per cancro al mondo - ha ribadito Sandra Horning, chief medical officer e head of global product development di Roche - I dati preliminari relativi all’associazione di atezolizumab e bevacizumab nel trattamento di questa malattia sono promettenti. Siamo impazienti di collaborare con le autorità sanitarie per mettere al più presto questo potenziale regime terapeutico a disposizione delle persone che soffrono di carcinoma epatocellulare”. La designazione di terapia breakthrough ha lo scopo di accelerare lo sviluppo e l’analisi di medicinali destinati a trattare malattie gravi o potenzialmente letali, contribuendo a garantire che i soggetti possano accedervi il prima possibile attraverso l’approvazione della Fda, e si basa sui dati tratti da uno studio di fase Ib volto a valutare la sicurezza e l’attività clinica dell’associazione dei due farmaci. Roche ha infatti presentato i dati in occasione del congresso annuale dell’American society of clinical oncology (Asco) a giugno 2018. Questi dati hanno evidenziato che, dopo un follow-up mediano di 10,3 mesi, sono state osservate delle risposte  in 15 pazienti valutabili per l’efficacia su 23, numero che corrisponde al 65 per cento del campione. Le risposte sono state registrate in tutti i sottogruppi, compresi quelli definiti in base alla causa della malattia - eziologia: epatite B, epatite C e non virale -  regione geografica - Asia escluso Giappone o Giappone/Usa - livelli del marcatore tumorale alfa fetoproteina - alti/bassi - e diffusione o meno del tumore al di fuori del fegato. I risultati riguardanti la sopravvivenza libera da progressione, la durata della risposta, il tempo alla progressionee la sopravvivenza globale mediani verranno presentati in occasione di un futuro congresso medico una volta disponibili dati aggiornati tratti da una coorte estesa. All’inizio di quest’anno, Roche ha avviato lo studio Imbrave, una sperimentazione di fase III, in aperto, multicentrica e randomizzata volta a valutare l’associazione di atezolizumab e bevacizumab rispetto a sorafenib in soggetti affetti da Hcc localmente avanzato, non resecabile o metastatico non pretrattato. Lo studio è attualmente in fase di arruolamento. Per maggiori informazioni sulla sperimentazione, consultare il sito internet clinicaltrials.gov.

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