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Usa, arriva il supercomputer Watson: scopre la cura per il cancro in 10 minuti

di Giovanni Ruggiero domenica 20 agosto 2017

2' di lettura

Analizzare il genoma di un malato di cancro e suggerire il programma terapeutico adatto al caso. Un compito che a 'Watson', il supercomputer sviluppato da Ibm, richiede 10 minuti contro le 160 ore-persona necessarie a un team medico in carne e ossa. A confrontare le performance della macchina e quelle dell'uomo è uno studio pubblicato su 'Neurology Genetics', anticipato online a luglio, rilanciato e commentato sul portale 'Ieee Spectrum'. Il lavoro - frutto di una collaborazione tra il New York Genome Center (Nygc) e il team Watson for Genomic - riguarda il caso di un uomo di 76 anni colpito da un grave glioblastoma, un tumore cerebrale. Operato subito dopo la diagnosi, il paziente è stato sottoposto a 3 settimane di radioterapia e ha iniziato un lungo ciclo di chemio. Ma nonostante le migliori cure, è morto entro un anno. I suoi tessuti sono stati sottoposti a un sequenziamento genetico tradizionale (ricerca di alcune mutazioni genetiche collegate al cancro), a una mappatura globale del Dna e all'analisi dell'Rna. I dati sono stati quindi esaminati dal 'cervellone' Watson e da un'équipe del Nygc composta da un oncologo medico, un neuro-oncologo e un bioinformatico. Il primo risultato evidenziato è che mappare l'intero Dna del paziente, invece che solo un gruppo di geni, benché più impegnativo e costoso può indirizzare meglio il trattamento. Il secondo elemento è la maggiore velocità della macchina nell'analizzare il materiale e suggerire una via terapeutica da seguire. L'uomo però non viene battuto. I medici del Nycg hanno infatti identificato mutazioni in 2 geni del paziente, che considerate insieme invece che singolarmente (e questo tipo di visione almeno al momento resta una 'prerogativa' umana), avrebbero indotto i camici bianchi ad arruolare il malato in un trial clinico che attraverso una combinazione di farmaci bersagliava entrambe le alterazioni. Se il paziente fosse stato ancora vivo, sarebbe potuto entrare nello studio e magari aumentare le sue chance di sopravvivere. La morale? L'intelligenza artificiale, insieme a quella umana, possono collaborare per migliorare l'assistenza a chi soffre.

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