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Trovate sostanze inquinanti

nel sangue di chi ha avuto tumori
di Monica Rizzello sabato 27 febbraio 2010

2' di lettura

Nel sangue di persone colpite da tumore sono state trovate sostanze inquinanti, come gli organoclorinati e i policlorobifenili (Pcb) contenuti nei pesticidi. Queste sostanze – che tra l’altro hanno un legame con il calo della fertilità maschile - sono state identificate come «persistenti» nel sangue di uomini colpiti dal tumore dei testicoli. È quanto emerge dai dati preliminari dello studio, condotto nell'università di Roma La Sapienza e presentato nel convegno di medicina della sessualità in corso ad Abano Terme (Padova). I dati si riferiscono all'osservazione del primo gruppo di 50 uomini fra 18 e 45 anni colpiti da tumore dei testicoli, più 50 uomini sani: nel sangue dei primi sono state trovate tracce persistenti di inquinanti; nessuna traccia nel sangue dei secondi. Sono i primi dati di un lavoro molto più vasto, che intende coinvolgere centinaia di pazienti: «Sebbene siano dati preliminari, sono significativi e degni di molta attenzione», ha detto il responsabile dello studio, Andrea Lenzi, del dipartimento di Fisiopatologia medica dell'università romana. Organoclorinati, policlorobifenili e metaboliti del vecchio Ddt sono stati utilizzati fino agli anni '70, ma ancora oggi persistono nel suolo e nella catena alimentare. Da tempo si è scoperto il legame tra la loro alta concentrazione e alterazioni dei parametri seminali (soprattutto la riduzione del numero di spermatozoi). «Adesso i nostri dati dimostrano che una maggiore esposizione agli organuclorurati può essere associata ad un maggior rischio di insorgenza di tumore testicolare», rileva Lenzi. Incrociando poi i dati relativi alla persistenza nel sangue di questi componenti dei pesticidi con le abitudini alimentari degli uomini arruolati nella ricerca, è emerso che il consumo di latticini e pesce potrebbe essere un possibile fattore di rischio per il tumore dei testicoli. Nel frattempo, un gruppo di ricerca del Policlinico San Matteo di Pavia ha messo a punto nuovi modelli animali per rilevare rapidamente i danni al Dna causati dall'ambiente e valutare il rischio biologico relativo alle sostanze inquinanti persistenti nel suolo, nell'acqua e nell'aria. Dai risultati ottenuti finora, è emerso che il bentazone, un erbicida comune nella coltivazione del riso, anche utilizzato nei limiti consentiti, altera lievemente i tubuli seminiferi.

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