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I videogiochi al museo come reperti della preistoria: ecco cosa finisce in mostra

di Marco Vallarino mercoledì 25 dicembre 2024

3' di lettura

A Roma c’è un museo d’arte che non ospita quadri, statue, stampe o libri antichi. L’allestimento del Gamm è interamente dedicato ai videogiochi come forma d’arte, cultura e anche come opera creativa, sociale, commerciale, che costituisce una parte importante della storia contemporanea. Il Gamm, recentemente inaugurato in via delle Terme di Diocleziano, tra la stazione Termini e piazza della Repubblica, è il Game Museum, spazio divulgativo di 700 metri quadrati, suddiviso in due piani e tre aree tematiche, che permette di conoscere una realtà sempre più rilevante non solo per lo svago, ma anche per lo studio, il lavoro. I videogiochi, un tempo additati come distrazione, oggi sono un’opportunità professionale, con percorsi di studi dedicati in varie università. Perché l’industria videoludica è tra le più ricche e prospere al mondo.

Come tutto questo è iniziato, più di cinquant’anni fa, lo racconta il Gamm, che ha trasformato i videogiochi in reperti da museo, per soddisfare la curiosità di tanti e offrirsi come luogo di incontro per studiosi, addetti ai lavori. «Prima del Gamm, a Roma, c’era il Vigamus, Video Game Museum», racconta il professor Marco Accordi Rickards, direttore del museo. «Inaugurato nel 2012, era in via Sabotino, in uno spazio più piccolo, che quest’anno abbiamo deciso, con l’aiuto della startup Kabuto, promotrice dell’iniziativa, di ingrandire e rendere più centrale, perché l’attenzione negli anni è cresciuta e il modo di fare cultura del videogioco è cambiato».

Particolarità del Gamm è che una parte dell’allestimento è digitale, per offrire contenuti a rotazione, costantemente aggiornati e rinnovati per raccontare una storia in continua evoluzione. «La prima delle tre aree tematiche del Gamm» riprende Accordi Rickards «è il Gammdome, che offre 24 stazioni interattive digitali con video interviste ai grandi game designer della storia, come l’americano Don Daglow, il primo inserito nella nostra “hall of fame”, autore di grandi successi come Utopia. Tomohiro Nishikado e Toru Iwatani, autori rispettivamente di Space Invaders e Pac-man, sono altre celebrità che abbiamo intervistato per esplorare la storia del videogioco dalle origini a oggi». L’allestimento materiale, tangibile, del Gamm trabocca invece di reperti di varie epoche, che rievocano i momenti più importanti della storia del medium. Insieme a tante luci c’è pure qualche ombra. Uno dei cimeli più famosi dell’ex Vigamus è la cartuccia del videogioco E.T. che la Atari produsse nel 1982 per sfruttare il successo del film di Spielberg. Ma il gioco era talmente brutto che fu un flop assoluto.

E centinaia di migliaia di cartucce invendute furono seppellite in gran segreto nel deserto del Nuovo Messico per toglierle dal magazzino e dal bilancio dell’azienda. Furono poi riesumate nel 2014 durante la realizzazione di un documentario sulla storia dell’Atari. Tra i tesori del Gamm ci sono anche le versioni originali di videogiochi di successo, come il master disk di Doom della id Software, celebre sparatutto in prima persona, e la demo di Far Cry della Crytek, che nel 2004 ha inaugurato un’altra serie molto amata di sparatutto. «Abbiamo anche» aggiunge Accordi Rickards «contributi giunti da software house italiane, perché pure in Italia ci sono realtà storiche importanti del videogioco. Artematica ci ha donato il kit di sviluppo usato per realizzare il gioco di Diabolik per Nintendo Wii. Mentre da Milestone abbiamo ricevuto bozzetti e modellini di alcuni dei loro videogiochi. Ma il Gamm non è solo pannelli e teche da vedere. C’è anche una parte interattiva, con postazioni che permettono di provare circa 1500 videogiochi di vari generi e periodi. La seconda area tematica, chiamata Parc, Path of Arcadia, è dedicata all’epopea delle sale giochi, che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta ha prodotto grandi successi come Street Fighter II e i giochi del sistema Neo Geo. La terza è la Hip, Historical Playground, che si focalizza sul gameplay: ciò che il game designer deve fare per coinvolgere un’utenza sempre più vasta.

Un’altra parte importante del Gamm è quella destinata a andare oltre l’allestimento. «Vogliamo far vivere il museo» conclude Accordi Rickards «con conferenze, presentazioni, raduni che permettano di esplorare ancora più a fondo la storia del videogioco. Il Gamm, oltre a celebrare i tanti successi del videogioco, con la circolarità di fruizione delle sue tre aree vuole creare la consapevolezza di essere davanti a qualcosa che è già passato, ma anche e soprattutto presente e futuro».

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