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Ecco perché la frutta ha perso sapore e profumo

di Attilio Barbieri lunedì 30 giugno 2025

4' di lettura

La frutta che compriamo oggi nei supermercati ha un problema non indifferente: tranne qualche eccezione è sempre meno saporita. Non è solo una sensazione nostalgica di chi ricorda i sapori di una volta, ma una realtà scientificamente documentata. Gli studi degli ultimi decenni dimostrano chiaramente che esiste un conflitto profondo tra durata di conservazione e sapore nella frutta moderna. Un contrasto originato dalle scelte compiute dai selezionatori varietali - gli esperti che sviluppano nuove varietà di frutta - che negli ultimi cinquant'anni si sono concentrati principalmente sulle caratteristiche commerciali piuttosto che sulle proprietà organolettiche di pesche, mele, albicocche e meloni.

Per caratteristiche organolettiche - è bene chiarirlo - si intendono tutte quelle qualità che percepiamo con i nostri sensi: il sapore, l’aroma, la consistenza e persino l’aspetto di un frutto quando lo mangiamo.

La selezione varietale moderna ha privilegiato innanzitutto la fermezza e la durata a scapito del sapore. La fermezza è la resistenza della polpa del frutto alla pressione e misura, in pratica, quanto un frutto è duro al tatto. Frutti più fermi resistono meglio ai danni durante il trasporto e durano più a lungo sugli scaffali, dove vengono maneggiati magari più volte dai consumatori. In più, proprio per aumentare la fermezza di una mela o di una pesca, le si colgono ben prima che abbiano sviluppato completamente i loro aromi e la loro dolcezza naturale.

SCEGLIERE CON GLI OCCHI

In secondo luogo, i grandi produttori d’intesa con le catene della distribuzione, hanno dato priorità all’aspetto commerciale rispetto alle qualità organolettiche. Un frutto perfetto esteticamente- grande, lucido, turgido, senza macchie e dal colore uniforme - vende meglio di uno più piccolo e irregolare, anche se quest'ultimo solitamente è molto più gustoso e profumato. I consumatori, inconsapevolmente, sono stati educati a scegliere con gli occhi piuttosto che con il palato. Salvo accorgersi poi, al momento di mangiare la frutta acquistata, che è sì bellissima, ma sa di poco.

Un altro elemento che ha influito è la resistenza al trasporto, divenuta più importante della complessità aromatica, vale a dire dell’insieme di profumi e sapori che rendono ogni frutto unico e piacevole da mangiare. I frutti che sviluppano aromi complessi sono spesso più delicati e deperibili, incompatibili con le lunghe catene di distribuzione che portano la frutta dai campi di tutto il mondo alle nostre tavole.

Questo fenomeno non riguarda solo una o due specie, ma è documentato in modo trasversale: dai pomodori alle fragole, dai meloni alle mele, la tendenza è sempre la stessa.

Come sottolinea uno studio fondamentale del 2010 pubblicato su New Phytologist, una delle riviste scientifiche più prestigiose nel campo della biologia vegetale e delle scienze botaniche, «è ormai generalmente accettato che la qualità del sapore di molti frutti sia significativamente diminuita negli ultimi decenni, sebbene parte di questo declino possa essere collegato alla selezione per certi caratteri, come la fermezza e la vita commerciale post-raccolta, che sono contrari a un buon sapore».

MINERALI SPARITI

La portata del problema è confermata da ricerche più recenti: uno studio del 2024 evidenzia proprio che «negli ultimi sessant’anni, c’è stato un declino allarmante della qualità alimentare e una diminuzione di un’ampia varietà di minerali nutrizionalmente essenziali nei principali frutti, verdure e colture alimentari». Come nel caso del mais.

La ricerca scientifica ha identificato l’insieme dei fenomeni che ho elencato come una delle cause principali del declino del sapore nella frutta commerciale degli ultimi decenni. Un cambiamento che ha trasformato radicalmente la nostra esperienza alimentare quotidiana senza che ce ne rendessimo pienamente conto. La perdita di sapore nella frutta non è però una condanna irreversibile. La scienza sta aprendo nuove strade per recuperare la profondità aromatica di pesche, albicocche, mele e meloni senza rinunciare alle caratteristiche che rendono la frutta commercialmente sostenibile vista la lunghezza delle filiere.

La chiave di questa rivoluzione si trova nelle Tecniche di evoluzione assistita (Tea), e in particolare nell’editing genetico. Come evidenzia una ricerca pubblicata nel 2020, «a causa della complessità dei profili di sapore della frutta», l’intervento su «più geni che influenzano dolcezza, acidità e aroma è probabilmente necessario per migliorare veramente l’appeal sul consumatore, una sfida che l’editing genetico può affrontare più facilmente della selezione tradizionale».

EVOLUZIONE ASSISTITA

Le Tea rappresentano un salto qualitativo importante rispetto ai metodi di miglioramento genetico del passato. Mentre la selezione tradizionale richiede decenni per sviluppare nuove varietà e comporta compromessi inevitabili tra diverse caratteristiche, l’editing genetico permette interventi precisi e mirati. È possibile, teoricamente, mantenere i geni responsabili della resistenza al trasporto e della lunga conservazione, aggiungendo o potenziando contemporaneamente quelli che determinano sapore, aroma e dolcezza.

Il vantaggio principale di questo approccio è la capacità di gestire la complessità intrinseca del sapore. Un frutto gustoso non dipende da un singolo gene, ma dall’interazione armoniosa di decine di fattori genetici che controllano la produzione di zuccheri, acidi organici e composti aromatici volatili. Le Tea possono intervenire su più fronti simultaneamente, qualcosa che è tuttora praticamente impossibile con gli incroci tradizionali.

Sebbene queste tecnologie siano ancora in fase di sviluppo e sollevano questioni normative tuttora irrisolte, rappresentano una speranza concreta per le future generazioni di consumatori. Potremmo assistere, nei prossimi anni, alla nascita di varietà di frutta capaci di riconciliare le esigenze commerciali moderne con la ricchezza sensoriale che caratterizzava i frutti del passato. La sfida è aperta.

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