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Cancro del fegato: atezolizumab/bevacizumab meglio di sorafenib

Lo studio IMbrave150 dimostra un miglioramento della sopravvivenza globale e della sopravvivenza libera da progressione in pazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile rispetto all’attuale standard di cura sorafenib
di Maria Rita Montebelli domenica 1 dicembre 2019

2' di lettura

Presentati da Roche alcongresso Asia 2019 della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO)i risultati positivi dello studio di Fase III IMbrave150 in cui è stato valutatoatezolizumab in associazione con bevacizumab anche nel trattamento di una delle forme più comuni di tumore del fegato. I dati mostrano miglioramenti statisticamente e clinicamente significativi in termini di sopravvivenza globale (OS) e di sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto a sorafenibinpazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC) che non hanno ricevuto una precedente terapia sistemica.Secondo quanto emerge dai risultati dello studio, atezolizumab in associazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte (OS) del 42 per cento (hazard ratio [HR]=0.58; 95per cento CI: 0.42-0.79; p=0.0006) e il rischio di peggioramento della malattia o morte (PFS) del 41per cento (HR=0.59; 95per cento CI: 0.47-0.76; p<0.0001) rispetto a sorafenib. Inoltre, il trattamento con atezolizumab in associazione con bevacizumab ha ritardato il tempo al deterioramento della qualità della vita riferito dal paziente (un endpoint secondario descrittivo predefinito) rispetto a sorafenib (tempo medio al deterioramento: 11,2 contro 3,6 mesi; HR=0,63; 95per cento CI: 0,46, 0,85). La sicurezza di atezolizumab e bevacizumab è risultata coerente con i profili di sicurezza noti per i singoli farmaci. "Per la prima volta dopo dieci anni, siamo davanti ad un trattamento che ha migliorato significativamente la sopravvivenza complessiva dei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare non resecabile rispetto all'attuale standard di cura – ha dichiarato il professor GianLuca Masi, associato di Oncologia Medica all’Università di Pisa – Il carcinoma epatico è una malattia aggressiva che colpisce di milioni di persone in tutto il mondo e la cui incidenza è in aumento. Atezolizumab in associazione con bevacizumab può modificare profondamente la strategia di trattamento di questa malattia; finalmente abbiamo una nuova opzione terapeutica che incide positivamente sulla prognosi dei pazienti e che, inoltre, apre importanti nuovi scenari in quanto conferma l’importanza strategica della associazione tra farmaci immunoterapici ed antiangiogenici. E’ in corso un importante lavoro con le autorità sanitarie a livello mondiale per poter offrire quanto prima questa opzione terapeutica ai pazienti". Ogni anno a più di 750 mila persone in tutto il mondo viene diagnosticato un carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC), la forma più comune di carcinoma epatico. La maggior parte dei casi si verifica in Asia e quasi la metà di tutti i casi in Cina. In Europa e negli Stati Uniti, l'incidenza del carcinoma epatico è comunque in aumento, con un numero di casi di carcinoma epatico più che triplicato dal 1980 ad oggi.Roche ha un ampio programma di sviluppo per atezolizumab, tra cui molteplici studi di Fase III attualmente in corso o programmati, per diversi tipi di carcinomi polmonari, genitourinari, della pelle, mammari, gastrointestinali, ginecologici, e tumori della testa e del collo. Gli studi valutano atezolizumabsia da solo che in associazione con altri farmaci. (ISABELLA SERMONTI)

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