L'ora più a rischio infarto? Il mattino. Tutto vero, nel passaggio dal risveglio notturno alla routine il rischio è più elevato. Tutto è legato, per gli studiosi, a quei fenomeni biologici della nostra vita che si ripetono regolarmente nel tempo. Quelli il cui periodismo dura 24 ore di chiamano circadiani. Questi processi sono governati da una specie di "orologio biologico" situato a livello dell'ipotalamo (nel cervello) che sincronizza "orologi periferici" presenti virtualmente in tutto l'organismo. In un numero dell'European Heart Journal, Ilse K. Kelters ed i suoi colleghi del Department of Cardiology and Division of Heart and Lungs dell'University Medical Center of Utrecht (Olanda) hanno analizzato numerosi studi sui ritmi circadiani ed hanno valutato l'influenza di tali ritmi sullo sviluppo di patologie cardiovascolari.
Ecco allora che il sonno gioca un ruolo di primaria importanza nel mantenimento dei ritmi circadiani e nell'omeostasi cardiovascolare. Durante il sonno, quando le richieste dell'organismo sono minori, prevale a livello neurologico la dominanza del "sistema nervoso parasimpatico" che riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa.
Di giorno invece, quando le richieste sono maggiori, prevale il "sistema nervoso simpatico" che aumenta frequenza e pressione per soddisfare le richieste. La transizione da sonno a veglia, che avviene nel primo mattino fa registrare quindi un aumento quasi improvviso di pressione e frequenza, e questo può provocare aumento di eventi cardiovascolari. Motivo per cui l'infarto miocardico si verifica maggiormente. Ma al mattino non si rischia di più solo l'infarto. Più frequenti sono anche le aritmie cardiache (affanno, "cuore in gola", stanchezza) che avrebbe un picco tra le 7 e le 12.